Lasciamo al Natale il suo mistero innocente e generoso

Ed è ancora Natale: vuol dire che resiste la festa delle feste, rito complesso e misterioso pur nella sua semplice iconografia intrecciata tra il religioso e il pagano. Impossibile non percepirlo, non annusarlo, non averlo dentro la memoria dell’infanzia: può essere stato triste o giocoso, deludente, creativo, esaustivo di ogni celebrazione. Ma è lì nella memoria, ed è ancora nel presente.
Il Natale si porta dentro il fascino della nascita, del percorso magico con il cielo e la sua stella cometa, un mondo antico al quale con nessuna razionalità riusciamo a impedire di far parte di noi. Possiamo cercare la chiave di lettura polemica sul consumismo, distruttiva per chi vuole riorganizzare un’idea utopica del mondo. Ma il Natale è comunque qui. Unisce e divide. Ci si incontra magari solo una volta
all’anno: e allora è difficile creare quel percorso di comunicazione positiva in grado di generare l’atmosfera che si vorrebbe, perché ovunque sono luci, cibo, riti, pace, spiritualità, ma anche aspettative e obblighi più o meno dichiarati.
Poi c’è la povertà, che si vorrebbe colmare in un’unica soluzione, ma ai poveri del mondo servirebbe non solo un Natale, ma la continuità, maggiori contenuti sul bene e prospettive per dare l’idea di un futuro.
Il Natale è fatto di auguri, di saluti, di rituali che possono anche diventare ferite e dolorose delusioni, soprattutto per chi sta dentro la fragilità dei sentimenti. I bambini sono un’altra parte fragile del Natale, perché il fascino del rito sta nell’attesa e nello stupore:
questa è la magia, questa la fiaba. Gli adulti dovrebbero consentire all’infanzia di restare tale, senza le nevrosi di molti genitori di far uscire l’infanzia dalla fiaba: San Nicola, Gesù Bambino, Babbo Natale.
Lasciamoli sognare, lasciamo che sentano il rumore dell’arrivo, dei loro passi nel buio, per la verità c’è tempo, e c’è tempo per quel realismo che diventati adulti distrugge la fantasia.
La vecchiaia è un altro capitolo impegnativo del Natale: spesso lasciati soli, ma tutti gli anziani, a prescindere dalla loro storia, hanno un ricordo del Natale, ed essere figli non è un’opportunità ma una realtà imprescindibile. Lasciarli soli è sempre creare una ferita alla loro
innocenza: perché sì, l’anziano si ferisce e soffre per l’assenza affettiva dei suoi cari.
Il Natale festeggiamolo, ma impegniamoci a essere migliori verso il mondo a cui apparteniamo. Non c’è una povertà di serie A e di serie B, il dolore e la precarietà sono ovunque. Questo riguarda tutta l’umanità, non solo una sua parte.
Buon Natale!
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