Lebbra, «non esiste il rischio di contagio»

Treviso, l’Usl assicura: il paziente bengalese è sotto controllo
Di Valentina Calzavara
Agostini Treviso conferenza stampa ulss 9 presso direzione sanitaria
Agostini Treviso conferenza stampa ulss 9 presso direzione sanitaria

TREVISO. Era stato ricoverato nell'unità coronarica del Ca' Foncello, intorno alla metà di luglio per dei problemi cardiaci, ma quelle brutte lesioni cutanee, quei rigonfiamenti strani presenti su braccia e gambe e quella febbriciattola che stentava ad andare via, hanno spinto i sanitari trevigiani a fare ulteriori accertamenti. L'équipe dell'Area Medica, in collaborazione con la Dermatologia e gli infettivologi dell'Ulss 9, ha quindi sottoposto il paziente a degli esami specifici: uno studio emodinamico e delle biopsie cutanee multiple sui gonfiori sospetti. È così che, nel tardo pomeriggio di mercoledì è arrivata la diagnosi che ha tolto ogni dubbio: lebbra.

Colpito dalla patologia un uomo di 37 anni, originario del Bangladesh e residente a Quinto. Lebbra lepromatosa la forma del morbo che lo ha colpito, secondo i medici del Ca' Foncello, ben 8 anni fa, prima che il giovane lasciasse il paese d'origine per trasferirsi a cercare lavoro nella Marca. Per tutto questo tempo il battere Mycobacterium Leprae è stato presente nel suo corpo, ma silente. Nessun sintomo per il soggetto colpito, per di più diabetico. «Non c'è alcuna anomalia in questo», spiegano gli esperti dell'Usl 9, «il periodo di incubazione della lebbra è generalmente molto lungo e può arrivare anche a vent'anni, per poi manifestarsi con lesioni cutanee biancastre, perdita di sensibilità e dolori agli arti». Sintomi che si sono presentati, meno di un mese fa, anche nel trentasettenne di Quinto.

Attualmente l'uomo è ricoverato nel reparto di Malattie Infettive, dove si trova in isolamento prudenziale e sotto controllo medico. Già da un paio di giorni è iniziata per lui la cura farmacologica. «Il paziente sta rispondendo bene al trattamento», conferma il dottor Pier Giorgio Scotton, responsabile di Malattie Infettive con una lunga esperienza maturata nei lebbrosari dell'Africa, «ora la terapia per il nostro assistito prevede la somministrazione di tre farmaci: la Rifampicina (un farmaco antitubercolare), Moxifloxacina (prodotto usato per contrastare le infezioni respiratorie) e un farmaco impiegato per curare l'acne e quindi la cute del pazienti. In più, gli abbiamo somministrato del cortisone, come antinfiammatorio per il dolore provocatogli da dei granulomi che andavano a comprimere i nervi». Un cocktail di medicinali che l'uomo assumerà per un mese circa, riducendo gradualmente i dosaggi. Il decorso della malattia appare in queste ore regolare, il germe verrà debellato in qualche settimana, azzerando le possibilità di trasmissione della lebbra, ribadiscono i medici. Probabilmente, fa sapere Scotton, il giovane lascerà il nosocomio trevigiano già nella prossima settimana. Andrà per qualche giorno al Centro nazionale di riferimento per la patologia a Genova. Un polo d'eccellenza che, insieme a Regione e Usl 9, sta monitorando il caso trevigiano. Ora le attenzioni dei sanitari si concentreranno sui soggetti conviventi, entrati in strettissimo contatto con il malato. Tutta la sua famiglia sarà sottoposta a profilassi. Tra oggi e domani, la moglie, i suoi due figli, il fratello e la cognata saranno sottoposti a una visita dermatologica.

«Il caso è sotto controllo», rassicura Giorgio Roberti, direttore generale dell'Usl 9, «ci stiamo muovendo come previsto dalle linee guida dell'Organizzazione Mondiale della Sanità e il coordinamento è continuo anche con la Regione, il Centro di riferimento nazionale di Genova e il nostro Dipartimento di Prevenzione che si rapporta col territorio». Un lavoro di gruppo, cui va il plauso di Roberti: «Per questo paziente c'è stato un ricovero in Cardiologia ma non ci si è fermati qui: davanti ai sospetti, si è proseguito con degli approfondimenti, fino a diagnosticare la lebbra», conclude il vertice, «noi come azienda sanitaria da tempo abbiamo allertato i nostri servizi affinché ci sia massimo controllo su malattie presenti da poco tempo sul territorio nazionale. Abbiamo anche invitato i nostri professionisti a tenere alto il livello formativo su queste patologie rare».

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