Lega, Salvini cancella il Nord dal simbolo

Il segretario: «Abbiamo ambizioni di governo e presenterò un unico simbolo, da Bolzano a Palermo». Contrari Bossi e Maroni 
PADOVA. Congiura della storia: nel giorno della indipendenza della Catalogna, Matteo Salvini archivia il referendum di Veneto e Lombardia, si riprende il palcoscenico e lancia la Lega sovranista di governo senza la parola Nord. Dopo 40 anni di scritte “Forza Etna”, “El leon che magna el teron” e “Roma ladrona” spunta l’amore per la natìa patria italica. «La svolta arriva con decisione unanime» dice il segretario del Carroccio pronto a sfidare Berlusconi e Forza Italia per la poltrona di premier, ma Luca Zaia e Roberto Maroni se n’erano già andati da via Bellerio, al Consiglio federale, per “impegni istituzionali” e nemmeno Bossi ha gradito la nascita della Lega 2.0. Tutti ad alzare la mano
obtorto collo
per disciplina di partito e l’ultimo passaggio sarà la modifica dello statuto con l’addio alla “indipendenza della Padania”.


«La Lega ha ambizioni di governo a livello nazionale e avrà un unico simbolo da Bolzano a Palermo. Si presenterà come Lega, in tutti i collegi e in tutte le città d'Italia: su questo l’intero consiglio federale è assolutamente concorde», spiega Matteo Salvini al termine della riunione del consiglio federale. «Da tre anni la Lega si batte a livello nazionale, per trasformare l’Italia in un paese federale. I risultati ci premiano, quindi contiamo di essere l’unica forza politica in Europa del gruppo dei cosiddetti populisti che andrà al governo nei prossimi mesi. All’ultimo congresso la mia linea politica è passata con più dell'80% voti, quindi è assolutamente chiara». L’orientamento maturato da tempo, è stato anticipato a
Piazzapulita de La7:
«Secondo voi» ha replicato Salvini ai suoi interlocutori «vado a Taranto con Lega Nord?».


Nettamente contraria la minoranza di Maroni con il vicesegretario Gianni Fava. «Io sicuramente non sono d’accordo e nemmeno Umberto Bossi. Voglio chiarire però che la Lega Nord non cambia nome, per farlosarebbe necessario un congresso federale. Salvini ha detto che modificherà il contrassegno elettorale, la Lega nasce ed è il sindacato del nord. Le istanze storiche sono entrate nel Dna dei cittadini e i referendum per l’autonomia di Lombardia e Veneto ci hanno dimostrato come i nostri temi sono condivisi da un elettorato che va oltre il nostro bacino elettorale. Abbandonare quella strada per sceglierne una incerta sarebbe sbagliato. Cambiare il simbolo non serve e grazie alla nostra storia la Lega è salita al 14-15%», ha concluso Fava.


E il referendum con il Veneto che vuole diventare la sesta regione a statuto speciale, con Zaia che spiazza sia Maroni che Salvini? Nessuna polemica. Il vertice di via Bellerio ha sancito che le strade di Maroni e Zaia sono diverse, la Lombardia avvierà il negoziato con l’Emilia Romagna mentre il Veneto presenterà tra un mese il dossier al governo Gentiloni: l’obiettivo è chiudere prima della fine della legislatura. Matteo Salvini smorza i toni: «Tra Zaia e Maroni c'è assolutamente concordia su come trattare col governo centrale per portare a casa una buona politica. Questa è una trattativa istituzionale, la Lega fa un passo indietro. I veneti e i lombardi hanno dato mandato a Zaia e Maroni, il segretario della Lega non mette becco sui poteri, i soldi, le competenze e i tempi». I due governatori marciano compatti sul nodo della questione: ottenere le 23 competenze dallo Stato centrale, con le relative coperture finanziarie e le aliquote fiscali, ma tempi e percorsi saranno diversi.


Quanto peserà l’addio al Nord della Lega? Sui siti web già infuria la polemica perché dopo il trionfo travolgente della “Liga” sui “Lùmbard” al referendum, a Venezia erano convinti di poter cavalcare l’onda lunga dello statuto speciale, ma da Milano è arrivato il semaforo rosso. E in soffitta finiranno anche le t-shirt con “W Barcellona e W Puidgemont”: la Lega sovranista di Salvini non sventola più la bandiera della secessione della Padania, “papà” Bossi si deve rassegnare.




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