Lobby delle baronie e nepotismilungo l’asse Padova-Novara
Clinica pubblica concepita come struttura privata per fare soldi e coltivare clientele

Nepotismo da corsia, parti cesarei intra moenia dando per presente il primario che invece si trovava in Cina: la torta da spartire risulta così grande che ce n’è per tutti. Etica deontologica? Un optional. Lo scandalo della «lobby dei ginecologi» scoppiato lungo l’asse Padova-Novara (ma il caso è estendibile ad altre baronie universitarie dove protezioni, esami addomesticati ed agganci non mancano) vede protagonista il professor Antonio Ambrosini, direttore della Clinica ostetrica e ginecologica dell’ospedale patavino, accusato d’aver «premuto» sui commissari d’esame per pilotare alcuni concorsi con un giro d’incontri e di fax piuttosto eloquenti.
Una cosa risaputa e segnalata alla procura di Padova senza però che si arrivasse a nulla di penalmente rilevante. Adesso però il caso è finito a Novara, sollevato da un consigliere di Forza Italia alla Regione Piemonte e ora al vaglio della procura piemontese per la vicenda che tira in ballo il professor Nicola Surico, direttore di ostetricia e ginecologia dell’ospedale di Novara per sua figlia Daniela che nel 2005 vinse il concorso per ricercatori di ginecologia all’università del Piemonte orientale.
Venne scelta da tre commissari d’esame padovani: Pasquale Grella (professore ordinario), Michele Gangemi (associato) e Erich Cosmi (ricercatori). Ed è subito scandalo sul nepotismo. Così il professor Ambrosini torna in ballo per il figlio Guido, docente dello stesso dipartimento.
Ma anche Alberto Staffieri direttore di Otorinolaringoiatria per via della figlia Claudia, medico nello stesso reparto, e Davide D’Amico direttore di Chirurgia generale, il cui figlio Francesco è dottorando in Chirurgia. Adesso a tenere banco è la storia dei «cesarei intra moenia» da 7 mila euro (per quelli complessi) e con percentuali di guadagno così ripartite: 60% al primo operatore, 20% al secondo, 10% al primario e il restante 10% all’azienda ospedaliera. Metti, opera Ambrosini: si becca 4900 euro a paziente. Che ci sia o non ci sia, meglio farlo apparire presente.
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