Mamma si dà fuoco a Mestre, il neuropsichiatra: «Sentendosi fallita, ha voluto bruciare la sua maternità»
Un tentativo di comprensione e composizione assemblando i diversi tasselli che compongono le vite umane. Come fa Lodovico Perulli, neuropsichiatra infantile

VENEZIA. L’intricato groviglio di interrogativi a comporre il quadro che è la psiche umana, con gli atti che spesso non sono null’altro che risposte a determinati impulsi: legami scientifici. Un tentativo di comprensione e composizione assemblando i diversi tasselli che compongono le vite umane. Come fa Lodovico Perulli, neuropsichiatra infantile, per 10 anni primario dello stesso reparto dell’ospedale Civile.
Cosa scatta nella mente di una donna che decide di compiere un gesto tanto estremo?
«Situazioni del genere non sono tutte sovrapponibili, perché ognuna ha una sua specificità. Nel caso si tratti di una persona con un equilibrio instabile, spesso si tratta di reazioni impulsive, di cui la donna potrebbe anche pentirsi in futuro. Episodi posti in essere in uno stato di particolare agitazione e inquietudine.
In una situazione di disperazione, la dichiarazione di adottabilità di un figlio è un ulteriore avvenimento capace di destabilizzare sul piano emotivo. Un accadimento difficile da contenere e da “mentallizzare” , per questo c’è il passaggio all’azione, che in un certo senso sostituisce il pensiero. Sarebbe diverso se la donna in questione fosse sempre stata bene, in uno stato di equilibrio, e avesse vissuto l’allentamento in maniera molto dolorosa, come un “non riconoscimento” della sua situazione genitoriale».
Significa che chiunque potrebbe porre in essere un gesto del genere?
«Quanto vissuto da questa donna è un giudizio irreversibile sulla sua maternità, un vuoto negativo senza possibilità di recupero che scardina alle radici un’intera identità. È una sottrazione molto forte: un figlio è carne della tua carne ed è parte di te, perché lo hai messo al mondo. Spesso, per persone che hanno “creato” poco nella vita, che hanno avuto delle disavventure, che non hanno un lavoro importante e non hanno una stabilità sociale, il riconoscersi come madre è molto importante.
Ho sentito molte donne in queste situazioni dire “Almeno ho messo al mondo dei figli” . Ed è una gratificazione che a questa madre è stata tolta. Qualcosa di estremamente doloroso, anche per la donna più disagiata, meno competente e dalla vita più “balorda” , perché è una perdita che scalfisce l’identità di persona e di madre creatrice e nutrice».
Il “darsi fuoco” porta con sé una simbologia che supera il gesto stesso compiuto dalla donna?
«Questa donna è stata bruciata come madre, metaforicamente e simbolicamente. Quindi, si è bruciata con la benzina, fisicamente. Non è casuale. È come se la sottrazione del figlio l’avesse depennata dall’elenco delle madri. Spesso si tratta di persone che nella loro mente hanno delle immagini molto concrete e poco simboliche. Questo, se l’azione è frutto di un pensiero. In caso concreto, si tratta di un gesto molto caricaturale ed esplosivo, che richiama l’attenzione e trova un posto in prima pagina».
Quale futuro potrà esserci per il rapporto tra madre e figlia? Potranno mai superare un episodio simile?
«Dipende molto dal tipo di legame e dall’attaccamento tra la donna e la bambina. Se la madre, nonostante i suoi “disfunzionamenti” , è stata presente, per la piccola sarà molto difficile e il distacco sarà molto grave e pesante. Nel caso in cui ci siano stati un legame insicuro e trascuratezza, allora la madre non era comunque una figura di riferimento per lei. In questa ipotesi, è come se la bambina fosse già stata abituata all’idea di contare poco sulla mamma come figura di contenimento e di aiuto allo sviluppo.
Nel concreto, se la ragazzina sarà data in affidamento, avrà più possibilità di mantenere un rapporto con la madre, non essendo questo un provvedimento definitivo come l’adozione. In caso di affidamento adottivo, la bambina sarà inserita in un’altra famiglia, ma questo non esclude che possa continuare a mantenere i rapporti anche con la madre naturale».
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