«Niente drammi, abbiamo evitato il peggio»

L’avvocato dello Stato e commissario Corsini nega che la concessione sia stata trasformata in appalto
Mestre: sopraluogo ai lavori di bonifica delle corti femminile. Da sx.: Ass. Corsini, ing. Vento, Ing. Piertopaoli. Ferraro 07-09-00 Light Image.
Mestre: sopraluogo ai lavori di bonifica delle corti femminile. Da sx.: Ass. Corsini, ing. Vento, Ing. Piertopaoli. Ferraro 07-09-00 Light Image.

Riceviamo dall’avvocato di Stato e commissario della Superstrada Pedemontana Veneta per la Regione Veneto Marco Corsini questa replica all’articolo di Renzo Mazzaro pubblicato il 9 marzo.

La concessione di costruzione e gestione  è stata dichiarata di interesse pubblico e così messa a gara dalla Regione nel 2006. Vero è che l’attuale concessionario si è offerto di realizzarla e se l’è aggiudicata, ma non si può sfogare il malcontento addossando tutte le responsabilità a lui.

Riguardo al rischio, nessuno ha tolto qualcosa a qualcuno, e niente è graziosamente scomparso. Non ci sono favori. Sin dall’inizio il rischio di domanda (ossia il rischio del traffico) non era a carico del concessionario ma della Regione: gli articoli 8 e 15 della convenzione originaria prevedevano che la modifica delle condizioni di mercato derivanti dalla riduzione dei volumi di traffico avrebbero imposto l’obbligo (non la facoltà) per la Regione di ripristinare l’equilibrio del Piano Economico Finanziario. E l’atto aggiuntivo del 2013 aveva reso più intenso tale obbligo, prevedendo che oltre una certa soglia la Regione avrebbe dovuto riequilibrare i mancati introiti da pedaggio pagando denaro fresco. In presenza della attuali stime di traffico, molto ridotte rispetto a quelle 2006, le previsioni di esposizione delle finanze regionali erano assai allarmanti.

 Ecco perché si è scelto, non potendolo trasferire, di ridisegnare il rischio di domanda. L’incasso dei ricavi da traffico che la Regione si riserva ha lo scopo di compensare quasi integralmente il canone di disponibilità che si paga al concessionario. Le cifre, e i consistenti risparmi, che ha potuto leggere sono le conseguenze del nuovo impianto concessorio.

 Questo non trasforma affatto la concessione in un appalto. Se vogliamo passare all’appalto, l’opera costa, di sola costruzione, oltre due miliardi di euro: ne manca più di un miliardo (senza parlare della gestione), crede che la finanza pubblica li abbia?

 Quanto al closing, è vero che la convenzione originaria non prevedeva alcun termine; ciò non valeva certo ad autorizzare un suo rinvio sine die, ma con altrettanta certezza non autorizzava alla immediata decadenza dalla concessione; la legge che prevede il termine di conclusione non si può applicare ad una convenzione sottoscritta nel 2009 quando quel termine non c’era. Tuttavia oggi un termine l’abbiamo imposto noi. Ed è un termine cogente.

  Io oggi non mi sento al centro di nessun dramma perché sono convinto che è stato fatto il meglio, nelle condizioni date, per tutelare l’interesse pubblico, che è prima di tutto quello della ripresa e della ultimazione dell’opera.

 La misura fiscale decisa dal governo regionale pare oggi molto penosa e ne sono consapevole, ma ogni altra soluzione sarebbe stata molto più pesante, e in un tempo nemmeno troppo lontano, per le casse regionali e per le sorti dell’economia veneta, come oggi - responsabilmente - ammettono in molti.

Se la prossima volta, prima di scrivere, vorrà farsi due parole con me sono convinto ne beneficeremo in due.

Marco Corsini

Gentile avvocato Corsini, lei è arrivato quando la Pedemontana era già stesa sul letto di morte, per dirla con il presidente Zaia. Se avesse frequentato Palazzo Balbi nel 2013 potrebbe sicuramente spiegarci perché la Regione ha firmato quell’atto aggiuntivo che l’ha messa in croce (stante che il rischio traffico era ripartito fin dall’inizio). Oppure perché ha tollerato che il privato lavorasse soltanto con soldi pubblici. Potremmo discutere della concessione trasformata in appalto mascherato, alla luce delle tante censure della Corte dei Conti. Magari scomodando l’Anac e il tetto del 30% oggi imposto al contributo pubblico nelle concessioni. Potremmo interrogarci sugli espropri, perché non sono stati pagati finora e con quali soldi lo saranno in futuro. Perfino disquisire se si possa usare l’Irpef come tassa di scopo. Giusto per scambiarci simpaticamente informazioni prima di scrivere, come suggerisce lei, se non sapessimo, sia lei che io, dal 1968 almeno, che la tecnica non è neutrale. I professionisti e i consulenti di Palazzo Balbi fanno bene a difendere il loro lavoro: ma se il loro lavoro serve per giustificare l’imposizione di nuove tasse, si devono aspettare la quota parte di reazione dei tartassati, se non altro per un’equa ripartizione del “malcontento”, come lo ribattezza lei.

Renzo Mazzaro

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