«Non farlo, pensa ai nostri figli»

LORIA. «Fermati. Perché fai così? Pensa ai nostri bambini». Così Matilde Ardia ha tentato di riportare alla ragione giovedì notte il marito Andrea Loro che tentava di soffocarla. A raccontarlo è Iolanda Ginepro, la mamma di Matilde, che da Salerno dove abita attende dal marito Dario e dal figlio Mario notizie sulla figlia. Padre e fratello fanno la spola tra l’ospedale di Padova, dove è ricoverata Matilde, e Loria dove si trovano i nipotini. Iolanda ha avuto modo di parlare con la figlia al telefono. Matilde le ha raccontato di quella terribile notte. Pur sollevata dal fatto che la figlia è ormai fuori pericolo, Iolanda è molto provata per quanto accaduto. «Un’esperienza che non auguro a nessuno e che può capire solo chi ci è passato: ho rischiato di perdere per sempre quello che ho di più caro, ovvero mia figlia, in quel modo orrendo e per mano del marito. Ringrazio il Signore che me l’abbia conservata». Anche per la famiglia Ardia rimane un mistero assoluto che cosa abbia fatto scaturire la rabbia di Andrea Loro: «Non sappiamo davvero spiegarci che cosa gli sia saltato in testa: forse voleva tornare ad avere la vita di prima di sposarsi. Ma è una supposizione». Anche i familiari di Matilde non avevano avuto alcun sentore di una crisi profonda nella coppia. «Ci eravamo visti l’ultima volta a Natale», continua mamma Iolanda, «e sinceramente non ci è sembrato che ci fossero problemi tra loro».
Intanto Andrea Loro vuole già uscire dal carcere, vuole andare agli arresti domiciliari. «Non volevo ucciderla. Volevo solamente spaventarla. Ora lei come sta? Vorrei tanto chiamarla per chiederle scusa». Non si è sottratto alle domande del gip Silvio Maras, ieri, il trentaquattrenne di Loria. E ha fornito la sua versione di quella notte da incubo. «Non c’erano premeditazione né volontà di uccidere», dice il legale.
Il gip si è riservato qualche giorno per decidere se accogliere o no la richiesta degli arresti domiciliari. Ovviamente Andrea Loro non tornerebbe nella casa di Loria: ad ospitarlo sarebbero «persone a lui vicine», dice l’avvocato, e a debita distanza da quella che (prima della notte della follia) era la casa che ospitava la loro normale e tranquilla esistenza.
Loro ha cercato di spiegare al giudice come non ci fosse premeditazione nel suo assurdo tentativo di dar fuoco alla macchina con dentro la moglie. La lite, le botte, lei che viene caricata in macchina priva di conoscenza, la corsa, l’incidente: Andrea ha fornito la sua versione su tutto. La tanica, ha detto, «era solo per spaventarla». E non l’ha presa, dice, allo scopo di cospargere la macchina di benzina: forse era già nell’auto, ma su questo dettaglio l’avvocato non ha voluto fornire dettagli ulteriori. «Lo faremo in sede di processo», si limita a dire. L’incidente, poi, «non è affatto stato simulato, o fatto apposta: puntiamo a dimostrare anche questo».
Queste ore in carcere hanno provato Andrea profondamente, dice l’avvocato. «Ha chiesto della moglie, vorrebbe contattarla, però non sa se sia il caso di farlo».
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