“Ostregheta”: sei etichette per un Veneto da spalmare

PADOVA. Francesco Totti, nei panni di un provetto giocatore di biliardo, aveva già utilizzato quell’espressione in un fortunato spot Vodafone del 2010. Ora l’esclamazione «ostregheta», un “perbacco” che esprime meraviglia e stupore, è diventata una delle 135 «dialettichette» della campagna di Nutella che raccoglie le più tipiche espressioni regionali. Il progetto, che è coordinato dal professor Francesco Avolio, docente dell’Aquila, ha suddiviso l’Italia in sedici aree linguistiche. Il Veneto è stato inserito nell’area numero 8, insieme a Trento, Trieste e Gorizia.
Le espressioni prescelte, oltre a “ostregheta”, sono “come xea?” (l’equivalente di come va?”) e “femo festa” (“facciamo festa”). E ancora “allegressa” (allegria). Sui barattoli della crema gianduia - al sapore di cacao e nocciole - più amata d’Italia, figurano anche le espressioni “ben sveja” (utilizzata «per dare non solo la sveglia, ma anche la carica per affrontare la giornata») e “bisù” («tratto dal francese bijou, esprime qualcosa di grazioso»).
Ma l’esperto che ne dice? «L’operazione», risponde il professor Ivano Paccagnella, docente di Storia della lingua italiana al Bo e direttore della collana “Filologia veneta”, «è indubbiamente interessante ma si presta a due obiezioni di fondo. Da un lato non mi convince la scelta di mettere Trento, Trieste e Gorizia nella stessa area linguistica del Veneto. Il dialetto trentino ha tratti propri; Trieste si è venetizzata nell’Ottocento; il dialetto di Gorizia è completamente a sé. In secondo luogo non esiste un dialetto veneto unitario: Venezia va per conto suo; Padova e Rovigo, dialettologicamente, vantano caratteri comuni; Vicenza e Verona sono vicine; come pure l’alto Trevigiano e Belluno. Quanto alle espressioni scelte, la parola “bisou” non vuol dire nulla se non è associata a un verbo, tipo “ti xe un bijou”. Più che “ben sveja” si poteva usare l’espressione “svejate”» . Su Facebook c’è addirittura una pagina intitolata “Svejate fora”. «Quanto ad “alegressa”», conclude Paccagnella, «mi sembra un termine inventato».
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