Padova e Verona hub nella nuova gerarchia della rete ospedaliera

VENEZIA. L’operazione Iov-Castelfranco non è un’iniziativa isolata dal processo di riorganizzazione della rete sanitaria del Veneto. Il principio ispiratore, quello di specializzare i presìdi sul territorio e di accentuare la gerarchia operativa e il conseguente flusso dei pazienti, fa sì che nel territorio regionale si profilino tre «superhub» dotati di specialità d’eccellenza e naturali punti di riferimento delle migliori risorse professionali e tecnologiche disponibili. Si tratta delle aziende ospedaliere di Padova e Verona e dello stesso Iov, nella sua futura organizzazione bifronte: ricerca e alcune attività di diagnosi e cura confermate a Padova, concentramento della prevenzione della chirurgia nel riconvertito polo ospedaliero di Castelfranco. A seguire, gli «hub» di Mestre, Treviso e Vicenza, capaci di garantire una copertura generalista interprovinciali in tutte le specialità di base; infine, i poli «spoke» - Belluno e Rovigo in primis - articolati su bacini di utenza che variano tra le 200 e le 250 mila unità. Questa piramide non ha carattere puramente formale ma si propone, nel tempo, di razionalizzare il flusso dei pazienti secondo criteri di efficacia terapeutica e di economicità dei costi. Il punto di partenza è quello di superare sprechi e inefficienze derivanti dai “doppioni” permanenti sul territorio, con reparti-fotocopia a pochi chilometri di distanza, spesso privi degli standard richiesti e disertati perciò dai cittadini. Una frammentazione figlia di logiche clientelari e di campanile, oggi insostenibile sul piano dei costi e comunque sfasata rispetto alle nuove domande di assistenza sul territorio e a domicilio cui fa eco la riduzione progressiva dei ricoveri, sia per numero che per durata temporale.
Chi regge le sorti della sanità regionale - dai politici quali il governatore Luca Zaia, l’assessore Luca Coletto, il presidente della quinta commissione Leonardo Padrin - ai manager di vertice (Domenico Mantoan) a volte manifesta motivi disaccordo su tempi e modi delle scelte ma unanime è la consapevolezza della necessità di garantire, attraverso scelte selettive e magari impopolari, la tenuta finanziaria di un sistema del welfare che la progressiva riduzione della spesa pubblica pone in seria discussione. (f.tos.)
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