Padova. Neonato morto e mamma in coma, indagati 3 medici e un infermiere
Il pm ipotizza che alla base del dramma ci sia stata una colpa medica o una negligenza nel modo di trattare la paziente. La donna, 27 anni, è ancora ricoverata in rianimazione. Il ministro della sanità Fazio: "Violate le linee guida"

I familiari di Claudia in attesa
PADOVA. Tre medici e un infermiere dell’ospedale di Piove di Sacco, indagati per la tragedia del bimbo nato morto e per la giovane madre che non potrà più avere altri figli a causa dell’asportazione dell’utero. E come se non bastasse, a dramma si aggiunge altro dramma: Claudia N, 27 anni, residente a Campagna Lupia, è ricoverata da 10 giorni in rianimazione Istar 2 del policlinico di Padova con riserva di prognosi e con il sospetto danno ipossico (diminuito apporto di sangue al cervello e quindi di ossigeno) che potrebbe comportare un danno cerebrale.
I quattro «camici bianchi» raggiunti dalle informazioni di garanzia sono il medico di guardia del pronto soccorso, il ginecologo che la notte tra il 2 e il 3 settembre ha visitato la gestante, il radiologo che ha eseguito l’ecografia e l’infermiere del triage che ha accolto la paziente in «codice verde», pur se lamentava persistenti dolori al ventre. Risultano indagati per aborto colposo (in violazione dell’articolo 17 della legge 194 del 1978) e per lesioni gravissime nei confronti della madre del bambino.
Intanto il pm Sergio Dini ha scelto i consulenti tecnici che si dovranno occupare di questo delicatissimo caso di malasanità: l’anatomo-patologa Emanuela Turrillazzi, dell’istituto di Medicina Legale dell’Università di Foggia, e il professor Pantaleo Greco della Clinica Ostetrica, sempre di Foggia. L’incarico verrà loro conferito venerdì prossimo. E nel pomeriggio verrà eseguita l’autopsia. Adesso si è in attesa di quali consulenti sceglieranno i difensori di fiducia degli indagati, tra cui figura il ginecologo Maurizio Matarrese.
Lo stesso discorso vale anche per l’avvocato Filippo Schiavon di Saonara che così puntualizza: «Per il momento i familiari di Claudia non hanno ancora deciso se nominare un consulente o meno. Ora i loro pensieri sono tutti per lei. Sono preoccupati non vedendola uscire dalla rianimazione. Si tratta di persone semplici che vanno aiutate a superare questi difficili momenti ma che andavano seguite, orientate e adeguatamente informate anche all’ospedale di Piove. Quando il marito Roger Barella si è presentato nel mio studio raccontandomi questa bruttissima storia, ho lavorato tutta la notte per preparare l’esposto in Procura».
E sempre ieri mattina, è arrivato in Procura il direttore generale dell’Usl 16, Fortunato Rao. Ha parlato con il magistrato requirente Dini offrendo totale disponibilità alla magistratura impegnata nell'inchiesta. Inchiesta affidata ufficialmente ai militari del Nas chiamati ad effettuare tutta una serie di verifiche e controlli incrociati.
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Solo a raccontare quanto è accaduto a questa impiegata ventisettenne al settimo mese di gravidanza vengono i brividi. Accompagnata in macchina dal marito Roger, Claudia arriva al pronto soccorso di Piove verso mezzanotte. L’infermiere di turno all’accoglienza prende nota dei sintomi avvertiti dalla gestante e li giudica da «codice verde», d’ordinaria amministrazione, dove il paziente può attendere. Così trascorre del tempo prima che la donna venga chiamata. Claudia è visitata dal medico di guardia e dal ginecologo di turno, mentre il radiologo esegue la Tac che accerta il «battito fecale» ma non rileva gravi patologie in atto. Il marito riceve risposte tranquillizzanti. Ma lui insiste. E chiede che portino sua moglie a Padova in ambulanza. «Impossibile, non essendoci urgenza. Arrivi prima se vai in macchina» gli rispondono, facendo firmare a Claudia la carta di dimissioni volontarie. Lasciano la coppia sola, in piena notte, mentre la gestante è alle prese con fitte sempre più lancinanti.
Gli ultimi 75 minuti sono per Claudia un calvario. E Roger ha il cuore in gola. Giunge al pronto soccorso centrale dell’ospedale di Padova attorno all’1,50. Gli dicono di andare al pronto soccorso ostetrico ed imboccare il tunnel sotto la strada che divide i vari istituti del Policlinico. Segnaletica? Irrisoria. Gente a cui chiedere? A quell’ora non passa un cane. Così Roger sbaglia ancora e giunge al pronto soccorso pediatrico. Altra corsa inutile. Imbocca finalmente la strada giusta alle 2,15 quando Claudia ha placenta staccata, emorragia massiva e utero apoplettico. E figlio purtroppo già morto in grembo. A taglio cesareo eseguito ma vano, il padre chiede di vedere il suo bambino. Lo prende in braccio, mentre Claudia viene condotta per la seconda volta in sala operatoria.
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