Pavone su Rizzo: mi parve credibile

BELLUNO. Sequestrata, stuprata e uccisa per caso. Rossella Corazzin era in vacanza a Pieve di Cadore con il papà Sergio e la mamma Elisanna, nell’estate del 1975. Aveva solo 17 anni ed era vergine.
Secondo quanto riferito due anni dal mostro del Circeo, Angelo Izzo all’allora procuratore di Belluno, Francesco Saverio Pavone, proprio per questo motivo il 21 agosto furono Andrea Ghira e Gianni Guido a prelevare la ragazza di San Vito al Tagliamento, durante una passeggiata in un bosco di Tai, sul monte Zucco: secondo la ricostruzione di Izzo, i due la caricarono su un’auto, portandola prima in un casale di Riccione, sulla riviera romagnola e poi in una villa sul lago Trasimeno, in Umbria.
È qui che un branco di dieci uomini abusò di lei per giorni, prima di ucciderla. Il suo corpo non è mai stato ritrovato. L’omicidio di Rossella Corazzin avvenne un mese prima del massacro del Circeo nella notte tra il 29 e 30 settembre: Donatella Colasanti e Rosaria Lopez furono attirate da Guido, Izzo e Ghira in una villa sul litorale laziale della famiglia di quest’ultimo, con il pretesto dell’invito a una festa e torturate ferocemente. Lopez fu annegata nella vasca da bagno, Colasanti sopravvisse solo fingendosi morta.
Procuratore Pavone, quante volte ha interrogato Izzo nel corso del 2016?
«Ricordo che ci furono due interrogatori, nei quali Angelo Izzo venne a raccontarmi tutta la vicenda, dal momento del sequestro della donna in Cadore, al quale non lui era presente, fino alle violenze sessuali e all’omicidio in provincia di Perugia, ai quali invece aveva partecipato. Aveva un alibi per il primo fatto, mentre è stato in grado di spiegarmi nei dettagli quello che successe dopo».
Dove si svolsero gli interrogatori?
«Lo vidi nei locali della procura di Belluno, dove lavoravo all’epoca. Come è mio costume, non avevo avuto nessun contatto preliminare con Izzo, che venne accompagnato da un avvocato d’ufficio. Le sue deposizioni sono state trascritte e riprese, sia in audio che in video. C’è un fascicolo di un’ottantina di pagine con tutto il suo racconto».
L’origine dei colloqui?
«Fu Izzo a scrivermi una lettera, nella quale mi chiedeva di essere ascoltato. La vicenda era molto importante e riguardava il mistero di una ragazza scomparsa in Cadore 40 anni prima, di conseguenza lo convocai, per sentire cosa aveva da dirmi. Lavorai sul caso, fino a quando non fu più di mia competenza, delegando alcuni accertamenti alla Dia di Padova. Poi il fascicolo passò alla procura Perugia, dove si sono svolti gli ultimi fatti. Tutti i reati erano ormai prescritti, tranne l’omicidio».
Corazzin era in vacanza. Ghira e Guido?
«Erano a loro volta in villeggiatura nella villa di Cortina dei Guido. Erano ragazzi della Roma bene, legati all’estrema destra eversiva e vicina alla banda della Magliana. Izzo invece non c’era: mi disse che si trovava sulla costiera Amalfitana, a Positano ed è lì che ricevette la comunicazione del sequestro di una ragazza».
Perché scelsero lei?
«La scelta fu casuale. Secondo quello che mi è stato detto, la avvistarono e cominciarono a studiare le sue abitudini fino al rapimento. Ci voleva una giovane e il requisito fondamentale era la sua verginità. La presero, portandola in Umbria, dove la violentarono, prima di ammazzarla».
Cos’altro successe nella villa in riva al Trasimeno?
«Ci fu una specie di rito satanico, unito a qualcosa di simil-cavalleresco. Addirittura un giuramento di sangue, tra i partecipanti, che si ferirono per questo tipo di rituale. C’erano almeno dieci uomini, che abusarono della povera ragazza, poi non avevano scelta».
Izzo le sembrò credibile?
«Mi parve credibile. Il suo racconto è stato assolutamente lineare e non mancheranno i riscontri a quello che mi aveva detto. Ho dovuto anche tenerlo a bada, perché tendeva ad allargare la questione ad aspetti che non mi interessavano. Volevo solo che mi chiarisse questa vicenda».
Che impressione le fece?
«Una persona disturbata, del resto lui e i suoi amici ne hanno fatte di tutti i colori e con momenti di esaltazione, ma ribadisco che la sua descrizione dei fatti è stata lucida e coerente».
Nel secondo interrogatorio, di cosa si parlò?
«Il luogo in cui portarono la ragazza è stato individuato con precisione e gli feci vedere un filmato con le riprese della villa sul Trasimeno. Riconobbe sia la zona che la casa».
Izzo diede una descrizione di Rossella Corazzin?
«Non ricordava di preciso il suo nome, ma era sicuro del fatto che avesse un cognome tipicamente veneto. Più preciso nella descrizione fisica: ricciolina, cicciotella e non molto alta. Izzo ha preso parte all’atto finale, altrimenti non avrebbe potuto essere così preciso».
La procura di Perugia ha archiviato l’inchiesta. Perché, secondo lei?
«Non sono in grado di dirlo. Anche perché le persone indicate da Izzo sono state individuate, vive o morte. La mia strategia investigativa avrebbe previsto delle intercettazioni a tutti i coinvolti, purtroppo all’epoca non c’era la possibilità di usare il dna e non è mai stato trovato il tavolo sul quale la ragazza fu brutalmente violentata».
Potranno essere utili a una riapertura dell’inchiesta le ultime carte, quelle che la magistratura romana aveva girato all’attuale procuratore bellunese Paolo Luca e adesso sono a Perugia?
«Mi risulta che si tratti solo di poche righe, cinque o sei in tutto, nel quale Izzo dice del suo coinvolgimento nella morte della 17enne scomparsa, violentata e uccisa. Non so se questo basterà a riaprire l’inchiesta, a più di trent’anni dai fatti».
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