Quando Berlusconi faceva il sovranista contro l’Europa

Il 30 agosto, uscendo dall’incontro con Giuseppe Conte, Silvio Berlusconi rilasciò una dichiarazione che voleva dare una immagine di Forza Italia del tutto diversa da quella della Lega di Salvini.

Per Berlusconi, in versione 2019, Fi è un partito che si rifà alla tradizione di un liberal-cattolicesimo moderato ed “europeista” avversario di ogni sovranismo. Probabilmente Berlusconi pensava a quegli elettori moderati che votano per la Lega, la quale ha ormai prosciugato il bacino di voti di FI. Ne è venuto fuori un quadro idilliaco, politicamente corretto alla maniera di Junker, di Macron e della Merkel. Eppure, nel 2011 il governo Berlusconi cadde per l’insostenibile peso di uno spread che l’economia italiana non poteva sostenere; venne chiamato a formare un nuovo governo Mario Monti, appena nominato senatore a vita dal presidente Napolitano e in odore di santità europeista presso la Commissione europea. Credo che a tutt’oggi sia difficile sapere con esattezza come si sono sviluppate le vicende che portarono Berlusconi alle dimissioni coatte e cioè se l’elevarsi dello spread a livelli insostenibili sia stato il frutto di dinamiche innescatesi autonomamente oppure di una strategia pensata al di fuori dell’Italia e sostenuta anche da alcuni ambienti politico-economici italiani.

Solo gli storici del futuro potranno dire come sono andate le cose. In questa sede mi limito ad analizzare l’atteggiamento di Berlusconi e dei dirigenti di FI all’indomani della caduta del governo di centrodestra. La narrazione di quegli eventi fatta da Berlusconi all’indomani del 2011 mostra un Berlusconi sostanzialmente sovranista ben diverso dal Berlusconi di oggi elogiatore di Junker ed associati. Allora Berlusconi aveva sposato decisamente la tesi del complotto degli euroburocrati che avrebbero utilizzato l’arma dello spread, per destabilizzare il governo Berlusconi e con esso anche l’economia italiana. In quel periodo negli ambienti di Fi si parlava, con convinzione, di un complotto dei poteri finanziari che avrebbe portato l’Italia a perdere la sua sovranità. Di fatto lo spread è un indicatore della fiducia/sfiducia che i risparmiatori del mondo hanno nei confronti della capacità dei governi nazionali di governare le rispettive economie. Venendo ai tempi d’oggi non si può certo dire che il governo gialloverde riscuotesse la fiducia degli ambienti finanziari nazionali ed esteri per cui non sono mancate alcune tensioni sul rendimento dei BTP italiani.

Tensioni che il Berlusconi, edizione 2019, si è rifiutato di addebitare alla tecnoburocrazia di Bruxelles, dando una lettura del tutto diversa da quella da lui data agli eventi del 2011, ed impartendo lezioni di “antisovranismo” al governo giallo-verde e soprattutto alla Lega. Vorrà dire che, come Paolo sulla via di Damasco cambiò idea su Gesù, Berlusconi, sulla via di Bruxelles, ha cambiato idea su Junker, Macron e la Merkel. —

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