Salvini, comizio blindato tra tensione e cori

MESTRE. Ci hanno provato, ma senza riuscirci: ieri sera i centri sociali di Venezia e Mestre hanno tentato di forzare il cordone di polizia - circa 500 agenti - attorno a piazza Ferretto a Mestre, durante il comizio elettorale di Matteo Salvini. I giovani, un centinaio in tutto, sono stati respinti con una carica di alleggerimento da parte delle forze dell’ordine mentre lanciavano fumogeni e almeno due bombe carta, che tuttavia non hanno interrotto il comizio. «Quattro manifestanti non mi spaventano» ha detto Salvini prima di parlare ai propri sostenitori toccando i temi ormai consueti della propria campagna elettorale. Passando dall’immigrazione «spendiamo i soldi a casa loro - ha detto - invece di farli morire o accogliendoli a braccia aperte in Italia» alla politica di Renzi definita «fallimentare». Ha elogiato il governatore veneto Luca Zaia, anch’egli del Carroccio, ricordando i traguardi della sanità veneta «con i costi più bassi e la massima resa - ha sottolineato - mentre regioni del sud spendono molto di più per non dare nessun servizio» fino alla stoccata sulla gestione «fallimentare del Pd a Venezia» con la giunta di centrosinistra «travolta dallo scandalo Mose e dal malaffare». Ma anche l’anniversario dell’entrata dell’Italia in guerra è stato motivo di polemica per il leader del Carroccio: «In molte città - ha osservato - vi sono vie e piazze intitolate a generali incapaci che mandarono a morire milioni di ragazzi senza che sapessero perché. Andrebbero cancellate. Mi vergogno che siano intitolate a incapaci con le stellette sulle spalle che una trincea nella loro vita non l’hanno mai vista». La replica arriva da Flavi Tosi: «È disgustoso che Salvini chiami in causa i morti per farsi pubblicità in campagna elettorale, durante la quale al Sud parla di unità d’Italia e in Veneto di indipendenza, quindi di secessione, dimenticando ed offendendo la memoria dei nostri caduti».
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