Sanità, il colpo di Zaia Mantoan a Roma per presiedere l’Agenzia del farmaco

Nominato dal ministro dopo il voto unanime dei governatori A primavera, dopo 10 anni, lascerà la direzione del welfare



Promoveatur ut admoveatur, chioserebbe un sapientone. Domenico Mantoan,62 anni, direttore dell’Area Sanità e Sociale del Veneto, conquista una poltrona di rilievo, la presidenza quinquennale di Aifa (l’Agenzia italiana del farmaco) e saluta virtualmente l’amministrazione regionale: il suo incarico manageriale a Venezia si concluderà ad aprile - sovrapponendosi per qualche mese al mandato romano - e coinciderà con l’epilogo della legislatura regionale, allorché il vicentino maturerà i requisiti per la quiescenza. «È un riconoscimento alla carriera e alla competenza, in pensione avrà molto tempo da dedicare al nuovo incarico», il viatico un po’ sibillino di Luca Zaia, che alla Conferenza delle Regioni ne ha sostenuto con vigore la candidatura, strappando infine la convergenza unanime dei colleghi, prologo all’immediato sigillo governativo.

«competenza premiata»

«Il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia ha recepito la nostra indicazione nominando il dottor Mantoan, tecnico di alta qualità e professionalità, alla presidenza dell’Agenzia italiana farmaco», l’annuncio di Stefano Bonaccini, il governatore dell’Emilia Romagna che presiede la Conferenza, lesto a precisare come la scelta risalga «all’accordo che avevamo raggiunto in precedenza, allorché io avevo ricoperto la carica pro tempore per qualche mese, così da consentire al Cda di assumere alcune decisioni importanti e urgenti. La prossima settimana, dopo la ratifica della nomina da parte del Consiglio dei ministri, integreremo il consiglio di amministrazione».

Lessico burocratese? Solo in parte, perché il retroscena rivela l’indubbia forza contrattuale silenziosamente acquisita da Zaia che - ben prima del cambio di maggioranza nell’organismo, ora a trazione centrodestra - ha saputo tessere relazioni personali incisive con i rappresentanti dem, indotti a scorgere nel manager veneto una risorsa “tecnica” spendibile nella delicata successione a Stefano Vella, lo scienziato che un anno fa si è dimesso contestando «l’intollerabile politica di Salvini in materia di migranti e diritto alla salute».

i litigi con i leghisti

Tant’è. Prima l’ascesa di Luca Coletto a sottosegretario alla Salute (vanificata peraltro dalla caduta del governo gialloverde) e il balzo dell’assessore-pigliatutto Manuela Lanzarin alla presidenza di Agenas, il braccio operativo del ministero; poi l’adozione della “ricetta veneta” di assunzione in ospedale dei medici specializzandi; infine il colpaccio ai vertici dell’agenzia. Evidente la scalata alle “stanze dei bottoni” della sanità nazionale, ma c’è anche una partita tutta interna a Palazzo Balbi, che investe un rapporto decennale agli sgoccioli. Pur estraneo all’humus leghista (già vicino a Forza Italia, è in buoni rapporti con l’ala riformista del Pd) nel 2010 Mantoan viene reclutato da Zaia che lo dirotta dall’Ulss Ovest Vicentino al quartier generale di Palazzo Molin, investendolo di un compito binario: risanare il disavanzo ereditato dalla stagione galaniana - un miliardo di euro - e garantire elevati standard di qualità nell’assistenza e cura. Con budget che quest’anno ha superato i 10 miliardi, ovvero l’80% del bilancio nostrano.

i conti e le trappole

Una mission che il manager ha svolto con capacità e impegno - riconosciuti dagli stessi avversari - esibendo nell’occasione un decisionismo a tratti sbrigativo e un caratterino («Sarà colpa dei Pfas che ho ingerito bevendo l’acqua di Brendola», ci scherza su) che ha generato innumerevoli liti. Memorabili quelle con Coletto, che ne ha invocato a più riprese le dimissioni. Discreti anche i battibecchi con il Luca trevigiano, che pure l’ha protetto in più occasioni. Né sono mancate le trappole: l’esposto - infondato - sul curriculum; l’inchiesta sull’uso dell’auto blu (archiviata); la “commedia degli equivoci” in salsa sarda, con l’offerta del ruolo di commissario della sanità nell’isola accettata e poi declinata; l’anziano travolto e ucciso a Padova dalla vettura di servizio dove viaggiava e il corollario di indagini sull’autopsia che ha spinto i 5 Stelle a chiederne le dimissioni. Soprattutto, una mole di pressioni alla lunga logorante, con i collaboratori-rivali in agguato e gli scricchiolii di un sistema impoverito dalla fuga dei camici bianchi e dai ripetuti tagli al bilancio. Basta. Se tutte le strade portano a Roma, questa lo condurrà lontano da una Venezia diventata ostile. —

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