Sanità veneta, Rigoli cede il timone delle microbiologie: in pole c’è Rassu

Il virologo di Vicenza, allievo di Palù e alfiere dei test rapidi, viene preferito a Crisanti. Azienda Zero investe sugli antigenici di quarta generazione
De Wolanski Treviso Ca' Foncello Laboratorio Analisi Dott Rigoli
De Wolanski Treviso Ca' Foncello Laboratorio Analisi Dott Rigoli

VENEZIA. È il virologo Mario Rassu, primario all’ospedale di Vicenza - e allievo dell’influente presidente di Aifa, Giorgio Palù - il favorito alla successione di Roberto Rigoli nel delicato incarico di coordinatore della rete regionale delle microbiologie.

Una rinuncia ufficiosa, sofferta, infine obbligata, quella del medico trevigiano salito alla ribalta per lo strenuo impegno nella messa a punto di tamponi rapidi e test fai-da-te durante la fase più drammatica della pandemia; reduce da un ricovero cardiologico non banale, amareggiato dai «veleni politico-istituzionali circolati con finalità extra scientifiche», il volpone non appenderà il camice bianco al chiodo (pur convalescente, è stato avvistato al Ca’ Foncello...) ma un elementare principio di cautela sconsiglia lo stress supplementare richiesto dalla supervisione di 14 laboratori in fase pandemica.

Una visione diagnostica condivisa

Né Rassu sarà lanciato allo sbaraglio: al suo fianco agiranno Mario Plebani, stimato veterano della Scuola di medicina del Bo che ne condivide la vision diagnostica (la coppia già lavora all’identificazione delle varianti Covid) e lo stesso Rigoli, ispiratore discreto del cambio al vertice. Che coinciderà con un punto di svolta nella politica del testing in Veneto, scandita fin qui da nove milioni di tamponi (un primato italiano), dal record di positivi tracciati e dalla vivace polemica innescata da Andrea Crisanti, il docente e ricercatore dell’ateneo patavino - una volta ancora escluso dalla regìa regionale della rete microbiologica e in attrito con i colleghi, unanimi nel contestare le sue affermazioni in un documento dai toni acuminati- che nega ai test rapidi la capacità di intercettare le varianti del virus, addebitando anzi al loro utilizzo massivo l’avvenuta espansione del contagio.

Tant’è: oggi la somministrazione di tamponi molecolari ha raggiunto la soglia massima dei 20 mila giornalieri oltre la quale i tempi tecnici di processazione si dilatano a dismisura, culminando in referti trasmessi a distanza di cinque, sei giorni dall’effettuazione del prelievo.

Stress di personale e macchinari

Accade a più riprese soprattutto nella provincia di Padova – dove l’Ulss Euganea non riesce a fronteggiare il fabbisogno del Covid Hospital di Schiavonia – e nella travagliata Verona, tra le segnalazioni comprensibilmente ansiogene di tanti cittadini (magari costretti alla quarantena, con le ricadute familiari e professionali del caso) e il commento del direttore della sanità Luciano Flor, lapidario al riguardo: «Il protocollo prevede una risposta entro 36 ore, a queste condizioni meglio non farli e affidarsi agli antigenici, impensabile lasciare così a lungo potenziali contagiati in circolazione».

L’ostacolo principale, spiegano gli addetti ai lavori, consiste nella cronica scarsità di reagenti per tamponi reperibili sul mercato internazionale, acuita dai limiti «fisiologici» del personale e dei macchinari, mai così sotto pressione e qua e là vicini al punto di rottura. Le alternative? Congelare la profilassi ai livelli attuali. Oppure privilegiare, ancor più, l’impiego dei fatidici test rapidi - non purchessia, però - per allargare la platea in vista delle sospirate riaperture di maggio. Il dado, in verità sembra già tratto.

La via dei kit chemiluminescenti

«La strada da percorrere è quella dei tamponi chemiluminescenti, gli antigenici di quarta generazione a risposta entro 24 ore indicati esplicitamente dall’ultima circolare di Giovanni Rezza, il direttore del ministero della Salute», commenta Rigoli «sono altamente selettivi, costano poco ed è possibile fabbricarne facilmente grandi quantità perché la produzione di reagenti richiesti non richiede l’expertise né il materiale altamente dedicato dei molecolari».

Dalle parole ai fatti, quelli di Azienda Zero: applicando l’input di Luca Zaia (il governatore è fautore di uno screening generalizzato permanente) la governance della sanità diretta da Roberto Toniolo sta concludendo le procedure d’acquisto dei citati kit rapidi, destinati a diventare lo strumento privilegiato della prevenzione - a cominciare dal cruciale versante scolastico - in una stagione, quella delle infezioni improvvise e diffuse, che - ahinoi - non si annuncia di breve respiro. —


 

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