«Se non volevi seguire Piazzetta l’unica possibilità era dimettersi»

Al centro dell’udienza il teste Rasini, di Bpvi Finance, parla di operazioni baciate e di triangolazioni tra fondi esteri e fondi italiani

vicenza. I fondi esteri e le triangolazioni anche per effettuare operazioni finanziate al centro dell’udienza del processo per il crac alla Bpvi.

Ieri è stato ascoltato a lungo anche Pietro Rasini, dal 2013 al 2018 in BpVi Finance, di cui è stato direttore generale. Era la divisione estero su estero, con sede a Dublino, che si occupava di finanziarie clienti della banca che avevano interessi fuori dall’Italia. La società ha avuto un ruolo determinante nella partita dei fondi esteri, in particolare con Optimum e con Multistrategy 2, che come è stato spiegato di recente in aula di fatto serviva anche per triangolazioni che si trasformavano in operazioni baciate.

«Dal 2003 al 2012 Finance ha avuto la sua autonomia. Poi l’unica possibilità di non seguire le indicazioni di Andrea Piazzetta era dimettersi». Il cda di BpVi approvò un plafond di 300 milioni di euro per aumentare l’attività di Finance; 150 vennero subito investiti in Multistrategy, ma Rasini non riuscì mai a vederci chiaro. «Chiedevo informazioni sui sottoposti, volevo capire, ma Girolamo Stabile, il referente di Optimum, non mi rispondeva. Mi lamentai con Piazzetta e lui mi disse che si sarebbe interessato. Le informazioni non giunsero mai».

Rasini cita anche un’altra triangolazione, riguarda tre fondi esteri: Jupiter, Macalù e Bruma, finanziati, sui quali vengono fatte operazioni di pronti contro termine per poi girare le consistenze a tre fondi italiani Ginestra, Luna e Pelmo poi utilizzati per acquistare azioni Bpvi. «E con chi si confrontava per queste operazioni?» chiede il pm Salvadori. Rasini risponde: « Con Mauro Sbroggiò di Finint come indicato da Piazzetta». E ancora Rasini parla di una cartolarizzazione, Abs Athena fatta per restituire dei soldi a Marchi e De Vido (fondatori e al tempo entrambi azionisti di Finanziaria Internazionale). «E per quale ragione era necessario?» chiede ancora Salvadori. «Mi citarono un’operazione su Save» risponde Rasini.

In aula è stato anche sentito il teste Fernando Rigon, storico e critico d’arte assai conosciuto a Vicenza. Rigon è stato sentito in veste di cliente e azionista: partecipò agli aumenti di capitale 2013 e 2014, prima acquistando azioni per 150 mila euro, poi per 200 mila. Il suo referente fu «il ragionier Benetti, il punto di riferimento in banca», e i soldi gli vennero dati dalla BpVi. Operazioni baciate: «Non ho mai sopportato quel nome, il bacio è una cosa bella, questi sono morsi». «Lei il 9 marzo 2017 disse alla guardia di finanza che in quell’occasione spiegò al presidente Zonin che aveva comprato le azioni che erano state finanziate dalla banca... conferma?», chiede al testimone il pubblico ministero Salvadori. «Sì, lo confermo». Poco dopo, su domanda dell’avv. Vettore delle parti civili: «Ma lei ricorda di aver detto a Zonin che era stato finanziato dalla banca?». «No, non ricordo». —

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