Senza buono pasto fuori dall’asilo a mezzogiorno
"Se domani non avete il buono pasto, dovete venire a prendere vostro bambino alle 11.45". La comunicazione, scritta su un foglio di carta a quadretti, è stata consegnata dalla scuola materna Fornasari a una mamma di tre figli, alla quale il Comune chiede di saldare in un’unica soluzione un debito di 460 euro. Nel frattempo il figlio di 5 anni non va all’asilo

«Se domani non avete il buono pasto, dovete venire a prendere il vostro bambino alle 11.45». La comunicazione, scritta su un foglio di carta a quadretti, è stata consegnata ai famigliari di un bimbo che frequenta il 3 anno della materna Fornasari. In sostanza, non c’è più cibo per questo alunno di 5 anni. Almeno fino a che i genitori non pagheranno un debito di 460 euro nei confronti del Comune.
Il fronte è sempre quello dei genitori in lotta per avere i fantomatici buoni pasto per la mensa scolastica. Gli stessi per cui il Comune ha deciso di chiudere i rubinetti, contestando la pioggia di «redditi zero» presentati all’ufficio delle politiche scolastiche. Ma quella che stiamo per raccontare non è la storia di un piccolo impresario che evade le tasse. Anzi, è la testimonianza di una mamma con tre figli a carico e un matrimonio alle spalle. Che riesce a malapena a sbarcare il lunario. Mercoledì mattina l’ennesimo schiaffo morale. «Hanno consegnato al mio compagno un foglietto, con cui ci comunicavano che non avrebbero più dato da mangiare a mio figlio di 5 anni - racconta Giorgia Z., residente in via Poleni al Portello - io sono rimasta pietrificata, anche perché per una simile comunicazione mi aspettavo quantomeno un foglio di carta intestata del Comune. E comunque non mi sembra il caso di discriminare un alunno dell’asilo in questo modo. Sono veramente indignata e voglio andare a fondo».
Il Comune contesta a Giorgia Z. un debito di 460 euro, riferito all’anno scolastico 2007-2008. «Chiedevano l’omologa di separazione, che non avevo a disposizione immediatamente. Così hanno conteggiato tutti i pasti somministrati in quei mesi e ora rivogliono i soldi. Io sono disposta a restituirli, ma in Comune non accettano la rateizzazione. Mi hanno detto che devo saldare tutto in un’unica soluzione. Il che, sinceramente, mi sembra assurdo. Ho un reddito bassissimo e devo dare da mangiare a tre figli. Se pago 500 euro al Comune, non ho più soldi per andare avanti».
Ieri mattina il bambino di 5 anni non è andato a scuola. La mamma ha deciso di tenerlo a casa con il timore di doverlo sottoporre ad un simile smacco di fronte ai compagni. «Domani mattina (oggi) andrò a scuola a voglio capire chi ha scritto quel biglietto e soprattutto se l’ordine è partito veramente dal Comune o se invece è stata una iniziativa delle maestre. Certo un caso simile non si può trattare in questo modo». Ieri mattina la mamma ha provato a mettersi in contatto con l’assessore Claudio Piron, senza però riuscire a parlarci. Così ha inviato via fax il biglietto all’ufficio scolastico e ora è in attesa di spiegazioni.
Era stato proprio l’assessore Piron a decretare lo «stop» dei buoni pasto forniti dal Comune in modo indiscriminato. E questa può anche essere una linea condivisa. Ciò che riesce difficile condividere però è il metodo. «Sono due anni che andiamo avanti con questa storia - sottolinea Giorgia - mi sembra impossibile che un ente pubblico come il Comune non possa aiutare una famiglia in difficoltà come la mia. Vivo in una casa popolare e se non ho i buoni pasto da dare ai miei figli non è perché mi trovo bene in questa situazione, ma perché effettivamente non ce la faccio a sbarcare il lunario».
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