Sospetti e verità le due vite di Loris

VENEZIA. Loris Trabujo è stato descritto da molti come l’uomo dei “mestrini” al Tronchetto. L’imprenditore che si occupa del trasporto di turisti che riciclava il denaro sporco proveniente dai traffici illeciti del gruppo affiliato alla Mala del Brenta. Lo hanno descritto, molti ci credono ancora, come l’uomo forte di Giovanni Paggiarin e soci al Tronchetto e a piazzale Roma. Convinti di questo, carabinieri del Ros e Procura lo hanno indagato insieme ad altre 19 persone che secondo l’accusa dettavano le regole con la violenza, i ricatti e le estorsioni, nel trasporto acqueo di questa porta di Venezia. Alla fine è stato assolto da tutto. E non per prescrizione. Quando Felice Maniero dice che i “mestrini” si stanno riorganizzando a Venezia, tutti pensano al business del trasporto acqueo.
«È stato un inferno, Mi hanno dato e ci hanno dato dei mafiosi. Mi hanno sequestrato le barche. Ben cinque barche con le quali facevo lavorare delle persone. Per strada ci guardavano come dei banditi e in particolare io venivo indicato come l’uomo dei mafiosi. La mia vita è stata devastata. Ho perso una moglie e due figlie. A scuola chiedevano alla più grande, all’epoca aveva 8 anni, di suo padre e perché era sui giornali. Quindi l’assoluzione perché il fatto non sussiste. Con formula piena».
Trabujo è tornato a lavorare tra il Tronchetto e piazzale Roma con le sue barche restituite dallo Stato. Subito dopo l’assoluzione in appello, voleva fare causa e chiedere 5 milioni di danni. Di questo per ora non parla. Vuole solo ripetere che con i “mestrini”, con i loro soldi e con altri criminali lui non ha nulla a che fare. «Io ho iniziato a frequentare il mondo del trasporto acqueo che avevo 11 anni. Al Tronchetto mio zio faceva il taxista e io andavo, in estate, a lavargli la barca, Quel mondo mi ha sempre affascinato e col passare degli anni mi sono detto: se sono riusciti ad ottenere una licenza queste persone che magari non sanno nemmeno scrivere, perché non dovrei essere capace io? Ho fatto tutta la trafila da aiutante a sostituto fino ad ottenere la prima licenza. Io sono l’unico a Venezia ad avere tre licenze: taxista, gran turismo e intromettitore. Tutte licenze ottenute in maniera regolare. Altro che “mestrini” e mafia. Quando c’è stato il processo ho portato ai giudici tutta la documentazione relativa ai finanziamenti ottenuti dalle banche per acquistare le barche. Sarà mai possibile che se ci fossero state anomalie carabinieri e guardia di finanza non le avrebbero trovate? Hanno cercato per anni»
Parte dei “mestrini” Trabujo li conosce e lo ha ammesso pure al processo. «Alcuni di loro erano amici fin dall’infanzia di mio padre. Le famiglie si frequentavano. Ma nè io e nemmeno mio padre siamo mai stati in affari con loro. Mio padre è morto incensurato e io sono stato assolto. Continuare con questa storia è assurdo. Quello che hanno fatto e che fanno loro non sono cose che mi riguardano. Comunque ripeto quanto ho costruito nella vita l’ho fatto con il mio lavoro. Nulla mi è stato regalato e non ho mai preso un soldo proveniente da traffici illeciti».
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