Spara tre colpi in testa al figlio undicenne
La tragedia dopo una visita alla tomba della moglie, nel cimitero di Codevigo, in provincia di Padova. Il piccolo è in fin di vita. L'uomo, accusato di tentato omicidio, ha tentato di togliersi la vita con un tagliacarte durante l'interrogatorio in caserma

CODEVIGO.
L’uomo dalle due vite, aveva deciso che la misura era colma. Voleva azzerare tutto. Adriano C., 53 anni, ex malavitoso del Piovese, poi ex marito devoto, assassino e suicida mancato. Si è infatti ferito la gola con un tagliacarte, poche ore dopo aver sparato tre colpi in faccia al figlio undicenne al cimitero di Codevigo, dove i due avevano portato i fiori sulla tomba dell’amatissima moglie e madre, morta a 40 anni nel 2005. Tre a bruciapelo dentro l’abitacolo della Fiat Uno, che si sono conficcati uno in testa, e gli altri negli zigomi.
Il piccolo, trasportato in elicottero in Neurochirurgia infantile all’ospedale di Padova è stato operato e si trova ricoverato in Rianimazione in prognosi riservata. I medici gli hanno estratto il proiettile che gli si era conficcato nella testa. Gli altri due glieli toglieranno forse oggi.
Nel frattempo Adriano C. si era già consegnato ai carabinieri. Secondo quanto si è appreso, al termine dell'interrogatorio, conclusosi nella notte all'interno della caserma di Piove di Sacco, alla presenza di un legale, l'uomo con un gesto improvviso ha preso un tagliacarte che era su un tavolo e si è ferito al collo. E' stato trasportato d'urgenza all'ospedale di Padova per un profondo taglio al collo. Le sue condizioni sarebbero gravi e la prognosi riservata.
Per lui le accuse sono tentato omicidio e porto abusivo di pistola. Agli investigatori Adriano forse avrà tentato di spiegare il perché di un gesto incomprensibile. Il perché abbia deciso di azzerare tutto. Cosa avesse in mente. Dove ha preso l’arma. Qual è stato il momento in cui ha deciso di cancellare ogni cosa. Perché che comunque non potranno mai valere la vita di un ragazzo di undici anni.
Il movente, probabilmente è da ricercare nell’incapacità dell’uomo di accettare le difficoltà che la vita lo aveva costretto a superare: un passato da nascondere (l’uomo dal 1975 al 2001 ha avuto problemi con la giustizia per furti, rapine e incendi), una moglie che amava strappata alla vita troppo presto, (l’aveva conosciuta in paese e l’ha accudita con delicatezza durante tutto il periodo della malattia), un figlio da crescere nelle ristrettezze economiche (l’uomo lavorava come assemblatore di computer a domicilio per una ditta piovese).
Ieri mattina l’ultimo fardello: forse il fattore scatenante. L’ufficiale giudiziario, infatti, aveva ordinato al fabbro di cambiare le serrature della sua abitazione a Piove di Sacco, rendendo così definitivo lo sfratto per morosità (l’uomo sembra non pagasse l’affitto da circa due anni). Da tre giorni nessuno nel quartiere Sant’Anna aveva più visto Adriano e il figlio che dovevano trasferirsi a casa della madre di lui.
Quella di ieri sarebbe stata la prima notte fuori dalla casa di Piove dove il sogno di Adriano di una famiglia normale si era materializzato per quasi un decennio. Da quel 29 dicembre di cinque anni fa, infatti, tutto era cambiato. Adriano si era attaccato a quell’unico figlio ricoprendolo di attenzioni che ispiravano tenerezza a chi li guardava. Sempre insieme in piazza a Piove, insieme in patronato, insieme alle gare di ciclismo, passione di entrambi. Poco a poco, tutto era diventato più faticoso, meno fluido, più doloroso. Adriano era di poche parole: chi lo conosceva individuava nelle sue smorfie il dolore per una vita in contropiede.
Ad un parente poco prima di sparare al figlio Adriano aveva detto che non ce la faceva più. Che si voleva buttare in Brenta. Non lo ha fatto: ma ha sparato al figlio, per poi pentirsene subito dopo, gettando la pistola (una Beretta 7,65 rubata in un’abitazione di Noventa di Piave nel 1998) in un fosso (dove è stata ritrovata dai carabinieri). Fino ad arrivare al tentativo del suicidio.
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