«Tanti non ce l’hanno fatta Noi abbiamo sospeso le produzioni speciali»

N.s.

LA testimonianza

L’effetto della pandemia continua a farsi sentire sui birrifici artigianali e agricoli. «Il blocco del settore della ristorazione ha inciso proprio sui prodotti di nicchia e di eccellenza» afferma Michele Vecchiato del Birrificio Antoniano di Villafranca Padovana «tipologie che con la chiusura dei locali si sono trovate senza un mercato per oltre un anno. Anche noi abbiamo dovuto sospendere la produzione delle birre speciali di qualità, come “la Veneta”, “Eremitani”, “Pasubio”, perché il barista, con le restrizioni dei mesi scorsi e le attuali incertezze, ha molto ridotto gli acquisti, perché non sa quando venderà ciò che sta comprando, quindi privilegia le birre che vanno per la maggiore e quelle tradizionali».

La flessione di fatturato è del 35 per cento, esattamente il valore medio nazionale della perdite di vendita per i birrifici artigianali. Paradossalmente aumenta il consumo domestico di birra ma per lo più si tratta i prodotti industriali.

«Solo nei prossimi mesi ci renderemo conto fino in fondo dei danni che sta provocando questa pandemia e del generale impoverimento del mercato. Noi abbiamo altre etichette che ci consentono di arginare le perdite, ma in Italia su 800 piccoli birrifici sono ben 100 quelli che hanno già chiuso. Vedremo l’evoluzione della pandemia e le misure messe in campo dal governo. Gli attuali aiuti sono limitati, riguardano solo i microbirrifici, e insufficienti per affrontare la crisi. Servirebbe invece un provvedimento transitorio che abbatta o azzeri l’accisa per un primo periodo e preveda aumenti in progressione nei prossimi anni. Ben venga una maggiore produzione di luppolo italiano e veneto: più che dal punto di vista economico, la convenienza sta nel valore aggiunto che viene riconosciuto anche dai consumatori a un prodotto che usa le materie prime del territorio». —



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