Tasse in salita, borse di studio giù: è fuga di studenti dalle università

ROMA. Recita la Costituzione: «I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi». Ma tra le tasse universitarie che salgono, affitti sempre più salati e l’anomalia tutta italiana degli «idonei non beneficiari» studiare è diventato un lusso per pochi. A pagare il prezzo più alto sono studenti e studentesse del Mezzogiorno, costretti a rinunciare all’università.
Nell’anno accademico 2008/2009 gli iscritti erano 1.659.764, nel 2017/2018 1.428.395. A perderli non sono le università del Nord, che registrano un aumento del 7 per cento, ma Centro e Sud, rispettivamente meno 20 e 30 per cento. Tre studenti su dieci sono spariti dagli atenei del Mezzogiorno. Una piccola parte riesce a trasferirsi dove c’è più possibilità di trovare un lavoro, ma è la minoranza.
Anche considerando il calo demografico, che fa diminuire i diplomati al Sud – al Nord il saldo è compensato dagli stranieri – restano migliaia di studenti che non si possono sobbarcare i costi di un percorso di studi, né lontano né vicino a casa.
Dal 2008 a oggi il gettito totale nazionale delle tasse universitarie è passato da 1,38 a 1,63 miliardi. Un più 18%, pagato dalle famiglie. «E nello stesso periodo il Ffo, principale fonte di finanziamento ministeriale degli atenei italiani, è sceso da 7,44 a 6,98 miliardi. Significa che c’è stato un passaggio dei costi dalla fiscalità generale alle spalle degli studenti» denuncia Alessio Bottalico, coordinatore nazionale della rete universitaria Link.
Tra il 2015 e il 2017 l’importo medio della contribuzione è aumentato di 95 euro, passando da 1.080 a 1.175 euro. La contribuzione media cresce di più al Nord, ma la forbice si riduce sempre più. In due anni al Sud la tassa media è passata da 794 a 951 euro, con un aumento del 20 per cento. Al Nord da 1.407 a 1.480 euro, più 5 per cento. Solo il Centro resta stabile, da 1.061 a 1.077 euro. Una buona notizia c’è: con il governo Gentiloni è stata introdotta una no tax area, cioè l’esenzione al pagamento delle tasse con Isee fino a 13mila euro.
Ma in Italia solo il 13% degli studenti è esonerato dal pagamento, che sta tra i mille e i tremila euro l’anno. Sono le tasse più alte in Europa, siamo secondi solo all’Olanda. In Germania per frequentare l’università al massimo si pagano 100 euro l’anno.
E poi c’è l’affitto. Abbiamo la più bassa percentuale di residenze universitarie in Europa. Una camera a Milano o Roma sta tra i 500 e i 600 euro, magari anche in condivisione. Segue Bologna, più economiche le altre ma non si scende sotto ai 300 euro al mese. Poi ci sono le bollette, i pasti e i trasporti. Tra i 400 e i 500 euro al mese. Da aggiungere c’è il materiale scolastico, che varia da corso a corso. Per un anno di università si sta tra i 10 e 15mila euro. «Nelle grandi città da tre anni gli affitti salgono del 4 per cento – continua Bottalico –. È un lento declino, e non si fa nulla per arrestarlo».
«Ogni studente in più che si laurea è una ricchezza per il Paese. Ne sono convinto – dice il ministro all’Istruzione, Marco Bussetti –. Anche se non dobbiamo sottovalutare il ruolo strategico di un altro filone dell’istruzione post-diploma, ovvero gli Istituti tecnici superiori che immettono sul mercato del lavoro profili professionali coerenti con le necessità delle imprese. Il tasso di occupazione dopo il diploma è altissimo per chi li frequenta. Li potenzieremo, sto già lavorando su questo con Confindustria».
Va bene, ma l’università?
«Siamo tornati a investire sul settore. Parlo delle assunzioni di docenti e ricercatori che tornano a crescere. E stiamo facendo operazioni mirate come quella su Medicina, dove aumentiamo i posti sia per le lauree sia per le specializzazioni, consapevoli del fatto che il Paese ha bisogno di più medici». —
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