Tolto dal cervello il primo proiettile ce ne sono altri due nelle ossa facciali

Il bambino operato dalla equipe del professor D’Avella, è grave
PADOVA.
Le sue condizioni sono gravissime. E’ ricoverato in coma farmacologico con prognosi riservata al terzo piano della palazzina di Neuroscienze dell’azienda ospedaliera, in Rianimazione. Appena è giunto in via Giustiniani, trasportato in elisoccorso da Piove di Sacco, è stato sottoposto ad un delicato intervento neurochirurgico per la rimozione di uno dei tre proiettili esplosi dalla pistola del padre. La pallottola si era fermata nel cervello.


Ieri a tarda sera l’equipe chirurgica stava ancora valutando l’opportunità di estrarre immediatamente anche gli altri due proiettili, conficcati nelle ossa del volto. Non appena gli si sono aperte le porte dell’azienda ospedaliera il bimbo è stato stabilizzato e quindi sottoposto ad una serie di esami diagnostici per determinare l’esatta localizzazione dei proiettili. Quindi la decisione di rimuovere al più presto quello considerato più pericoloso. L’operazione, terminata attorno alle 20, è stata eseguita dall’equipe del professor Domenico D’Avella, direttore dell’unità operativa di Neurochirurgia pediatrica. L’intervento, che si è protratto per parecchie ore, ha consentito di estrarre la pallottola, ma è ancora troppo presto per poter determinare gli eventuali danni neurologici che il proiettile potrebbe aver provocato. Degli altri due, ritenuti in una posizione meno pericolosa, si occuperà il team di chirurghi maxillo-facciali, già allertati ieri sera. Per determinare la tempistica del secondo intervento, fondamentali le valutazioni sulle condizioni cliniche del ragazzino dopo la prima impegnativa operazione.


Fuori dalla sala operatoria, in angosciante attesa, i suoi parenti, giunti immediatamente dal Piovese. Hanno seguito attimo dopo attimo l’evoluzione del quadro clinico del dodicenne, in raccolto silenzio. Sguardi di speranza si intrecciavano a momenti di disperazione. «Dovevano capirlo, quando l’ha portato in cimitero», l’unica frase sussurrata con la voce rotta dall’angoscia. Il team di chirurghi che ha operato il ragazzino ancora non si sbilancia: ci vorranno giorni prima di poter scongiurare il peggio. Tuttavia resta la consapevolezza che il recupero del bimbo, qualora riuscisse a superare la fase acuta, resterà legato a doppio filo ad un calvario di interventi di chirurgia plastica ricostruttiva per cancellare i segni dei proiettili che gli hanno deturpato il volto.

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