Un ex questore a capo della Mantovani

Carmine Damiano, da poco in pensione, nominato alla guida del più importante gruppo di costruzioni del Veneto
Di Daniele Ferrazza

PADOVA. Un poliziotto a capo della più importante impresa di costruzioni del Veneto, decapitata da un’inchiesta giudiziaria che ha portato in carcere il suo ex presidente con delle accuse pesantissime.

Carmine Damiano, 64 anni, una lunga carriera nella Polizia di Stato, è da ieri mattina il nuovo presidente del consiglio di amministrazione della Mantovani spa, il colosso delle costruzioni e degli appalti pubblici che ha ricostruito la Fenice, realizzato il Passante di Mestre, il nuovo ospedale All’Angelo ed è l’impresa di riferimento nei lavori del Mose a Venezia. Il suo ex presidente, Piergiorgio Baita, è nel carcere di Belluno in attesa di essere interrogato dai magistrati veneziani che indagano su un clamoroso giro di fatturazioni che, secondo l’accusa, sarebbero servite per creare delle «provviste» di denaro che avrebbe preso strade non proprio limpidissime. Proprio per dare un segnale, la famiglia Chiarotto (principale azionista) ha chiamato l’ex poliziotto, casa a Padova e una vasta rete di relazioni che vanno dal governatore Luca Zaia, con cui ha un ottimo rapporto, a tutti i principali magistrati del Veneto con i quali ha lavorato da investigatore.

L’assemblea degli azionisti della Mantovani ha dunque accettato le dimissioni di Baita e nominato il nuovo «board» della società insediando alla presidenza proprio l’ex Questore di Treviso, in pensione da pochi mesi. Accanto a lui, nel segno della continuità aziendale, sono stati nominati amministratori delegati Giampaolo Chiarotto, Paolo Dalla Via e Gianfranco Zoletto. Ma è la scelta di Damiano - spiegata come «una risposta chiara e univoca dell’azionista per affermare rispetto della legge, etica, trasparenza» segnale al rispetto della legalità – che suscita una grande sorpresa.

Carmine Damiano, nato a Benevento nel 1949, è entrato in Polizia di Stato nel 1976, dove ha costituito il primo nucleo della sezione antiterrorismo. Più tardi ha diretto la Digos e infine la Mobile.

È conosciuto per aver seguito alcune delle più importanti indagini e operazioni sul terrorismo: a Padova l’inchiesta «7 aprile» con un giovane Pietro Calogero (eseguì personalmente l’arresto di Toni Negri a Milano), la liberazione del generale americano James Lee Dozier rapito dalle Br, la fuga dal carcere e la successiva cattura del boss della Mala del Brenta Felice Maniero. Quest’ultima «perla» gli procurò una minaccia di querela dell’ex boss, che oggi vive con una nuova identità in una località del Nord Italia. Dopo un breve periodo a Roma, è stato nominato questore a Belluno e, dal 2008 al 2012, ha ricoperto l’incarico di questore a Treviso. Da pochi mesi, dopo la pensione, aveva assunto un incarico di coordinamento dell’istituto di vigilanza Compiano. Il nuovo ruolo manageriale cui è stato chiamato lo costringerà a rivedere i propri programmi.

La nomina di un poliziotto a capo della quindicesima impresa di costruzioni d’Italia (un portafoglio di tre miliardi, 400 milioni di fatturato, quasi quattrocento dipendenti) somiglia alla scelta compiuta dal Gruppo Ilva che ha nominato presidente l’ex prefetto Bruno Ferrante.

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