Un’équipe veneta lancia l’aerosol che uccide il coronavirus

TREVISO. Un aerosol virucida per neutralizzare il coronavirus nell’apparato respiratorio. Porta la firma del ricercatore trevigiano Luca Cegolon, del professor Giuseppe Mastrangelo e dell’equipe del professor Cristiano Salata, lo studio condotto nel laboratorio di virologia BSL3 del Dipartimento di Medicina Molecolare dell'Università di Padova, appena pubblicato sulla rivista Pathogens.
Il composto
«Questo studio in vitro sul SARS-CoV-2 riprende e conferma in qualche modo i risultati di un altro nostro recente studio nell’ambito della prevenzione dell’influenza, allo scopo di offrire una nuova prospettiva terapeutica ai malati di Covid-19» spiega il dottor Cegolon, che opera nel Servizio Igiene e Sanità Pubblica dell’Ulss 2. Si tratta di utilizzare un farmaco orfano per il trattamento delle infezioni batteriche nella fibrosi cistica, somministrandolo via aerosol.
«Il composto è una combinazione di ipotiocianito e lattoferrina prodotto da una casa farmaceutica francese. Ne abbiamo ipotizzato l’applicazione per la disinfezione delle vie aeree di soggetti positivi asintomatici, di contatti stretti di caso Covid-19 confermato e per il trattamento delle forme precoci di polmonite Covid-19».
Una volta inalato, il preparato funzionerebbe come uno “spazzino” all’interno di naso, bocca e bronchi, ipotizzano gli esperti. Il meccanismo di inattivazione del SARS-CoV-2 avverrebbe per danneggiamento delle proteine virali. In abbinata, la lattoferrina potenzierebbe l’azione dell’ipotiocianito impedendo l’ancoraggio del nuovo coronavirus alle cellule umane. «Se dimostrato anche in vivo, l’effetto virucida di questa formulazione innocua per l’uomo ed efficace ad ampio spettro contro vari virus potrebbe costituire una risposta al problema delle varianti» dice Cegolon.
L'assunzione
La somministrazione, con un apposito apparecchio, prevederà anche un attento dosaggio. «Il composto è a base di sostanze naturalmente prodotte dal nostro organismo, e ha già superato con successo la fase 1 della sperimentazione clinica per il trattamento delle infezioni batteriche nei malati di fibrosi cistica".
Si tratta solo di darne di più in zone dell’albero respiratorio dove tali sostanze non ci sono o sono presenti in basse concentrazioni, così da inattivare il virus con un’azione protettiva che blocca sia l’infezione nelle alte vie respiratorie, dove in genere è silente, sia la sua progressione discendente al polmone» prosegue il professor Salata, virologo che ha condotto il test in vitro. «L’ipotesi di lavoro richiede una fase di validazione “in vivo”, passaggio imprescindibile per valutare l’efficacia terapeutica del composto per un’eventuale sua applicazione a beneficio della collettività» aggiunge Salata.
Le applicazioni
«Se efficace anche in vivo, le applicazioni possono essere notevoli, per esempio la disinfezione preventiva delle vie aeree di soggetti che debbano accedere a luoghi chiusi: scuole, cinema, uffici. Inoltre, per la sua attività a largo spettro: anti-batterica, anti-fungina e anti-virale, oltre che anti-SARS-CoV-2, l’ipotiocianito potrebbe trovare applicazione nella cura della periodontite, che aumenta di otto volte il rischio di morte per Covid-19» evidenzia il professor Mastrangelo dell’Università di Padova.
«I prossimi passi per la validazione in vivo richiedono approvazione etica e finanziamenti» conclude Cegolon, «sebbene i vaccini offrano un certo grado di protezione dalla malattia, il loro ruolo nel contrastare l’infezione nasale asintomatica nei soggetti già vaccinati resta una questione aperta». —
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