Uova, farina, olio e pinoli: tutti i segreti delle frittelle

Il Carnevale veneziano messo in crisi dalle retrizioni Covid si prende la rivincita in pasticceria, ed è record di vendita anche dei crostoli

VENEZIA. Il Carnevale in casa quando si deve rinunciare al Carnevale per le strade e le piazze. Così non c’è da meravigliarsi se frittelle e crostoli, o galani che dir si voglia, vanno a ruba. Con ingredienti semplici, ma soprattutto di qualità, si riescono a portare in tavola degli ottimi dolci di Carnevale per la gioia di adulti e bambini.

Frittelle e crostoli non hanno età ed i vecchi segreti della nonna sono ancora validi perché il prodotto finito abbia l’esito desiderato. Saranno anche facili da preparare – tutte le ricerche li indicano come tali – ma attenzione, perché basta poco per mandare all’aria tutto il lavoro fatto.

«Per le frittelle», dice Roberto Giuffè della pasticceria Milady di Marghera, «Servono soprattutto uova fresche intere, poco zucchero altrimenti si assorbe lo stesso uovo, latte, farina. Nelle mie, poi, i pinoli contenuti all’interno sono sedici. Si deve far bollire il latte con il burro, si aggiungono il sale e la farina quando si arriva a temperatura. Una volta creata la polenta, aggiungere le uova un po’ alla volta, poi lo zucchero, gli aromi. Consiglio sempre di friggere a 175, massimo 180 gradi, e poi ognuno può mettere la farcitura che crede».

Da Milady, ad esempio, si conta una decina di possibilità: dalle classiche veneziane a quelle con l’aggiunta della crema chantilly, o con la zabaione. E ancora alla ricotta, alla mela e cannella, per proseguire con il mascarpone e il pistacchio. Nel fine settimana c’è l’aggiunta dei frutti di bosco, con lampone e mirtillo. Ma un po’ in tutte le pasticcerie veneziane e non, la scelta sta diventando sempre più ampia e in grado di soddisfare i gusti di ciascuno.

E poi ci sono i galani o crostoli: pure per questo dolce bastano pochi dettagli a fare la differenza. «Servono farina 0 e doppio 0, uovo, zucchero a velo, bucce di limone, sale, burro, amido», prosegue Giuffè, «Poi metto pure del Prosecco, della grappa e della vanillina. Consiglio di friggere in olio di arachide perché è migliore. Anche qui la temperatura dev’essere al massimo di 175-180 gradi. La variante al cioccolato è molto richiesta dai clienti».

Se a causa della pandemia stavolta le calli e i campielli di Venezia non saranno affollati di turisti e amanti del Carnevale, frittelle e galani stanno riempiendo le nostre case. Un po’ in tutte le pasticcerie si sfornano ogni giorno migliaia tra frittelle e galani, nei fine settimana la produzione subisce un’accelerata.

Ognuno dei dipendenti all’interno dei singoli laboratori ha il suo ruolo specifico e pare che l’asporto piaccia al cliente.

«Senza le feste e gli appuntamenti tipici del periodo», continua Giuffè, dando una spiegazione a quanto sta accadendo, «La gente non vuole comunque rinunciare a questi dolci. Siccome non si potrà uscire, allora le persone preferiscono prenderne un vassoio e mangiare o dolci a casa, sfruttando la possibilità di venirseli a prendere. Stiamo assistendo ad un aumento di vendita. Anzi, potremmo dire proprio che vanno a ruba e crediamo che sino a Martedì Grasso cresceranno ancora le richieste».

Sulle frittelle, Giuffè non ha dubbi: le veneziane con il buco piacciono davvero parecchio. «L’impasto è più morbido, assorbono meno olio», conclude il pasticcere, «e si cucinano in meno tempo». E allora si potrebbe dire: frittelle e galani che passione!

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Il dolce egiziano non riesce bene,  dall’impasto ecco il mammalucco

Marco Rizzetto, socio della Pasticceria Targa a Rialto
Marco Rizzetto, socio della Pasticceria Targa a Rialto

Se c’è una cosa che unisce i veneziani a Carnevale è il rito della fritoa, la classica frittella veneziana con l’uva passa, e poi quelle riempite di crema, zabaione e altre squisitezze. Un rito che ha salvato più di qualche pasticceria nella città storica, costretta fino a qualche giorno fa a vendere solo per asporto.

Ma c’è chi anche dalle isole arriva fino a Rialto per sorprendere amici e familiari con una vera chicca: i mammalucchi. Si tratta di un dolce fritto unico nel suo genere e per acquistarlo bisogna venire in Ruga Rialto, nella pasticceria Targa dove il dolce è stato inventato.

«Si è trattato di un errore del nostro vecchio pasticcere», racconta Marco Rizzetto, uno dei due soci proprietari della storica pasticceria veneziana, «che stava preparando un dolce egiziano e non gli era riuscito molto bene. Così a quel punto ha deciso di reimpastare i vari componenti, aggiungendo l’uva passa e le scorzette d’arancia. Ha diviso l’impasto con una misura simile ad un cannolo e l’ha fritto. Il risultato è stata un dolce squisito, dove sembra ci sia anche della crema ma non è così».

Perché l’abbiamo chiamato mammalucco? «Mammalucco in veneziano è sinonimo di stupidino ed è quello che si è sentito dire il nostro vecchio pasticcere quando aveva sbagliato il dolce egiziano. Così abbiamo deciso di chiamare il nuovo dolce proprio mammalucco».

La frittella “sbagliata”, come spiega Marco Rizzetto, da qualche tempo viene proposta anche dalla pasticceria Bonifacio in calle degli Albanesi perché il vecchio pasticcere aveva lavorato anche in quel locale. «L’anno scorso, in epoca pre Covid, c’erano turisti che arrivavano anche dall’estero per assaggiare i mammalucchi. Ora ci sono rimasti solo i veneziani, ma a fine giornata li vendo sempre tutti». —

(Giulio De Polo)



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