Venezia e Mestre, nuovo referendum sulla separazione: battaglia sul quorum

Il futuro del Comune di Venezia passa ancora una volta dalle cabine elettorali. A distanza di quarant’anni dal primo referendum, domenica prossima i residenti saranno chiamati a decidere per la quinta volta sulla proposta di separazione tra terraferma e laguna: Mestre-Marghera da una parte, Venezia con le isole dell’estuario dall’altra. Il risultato è destinato ad avere ripercussioni sulla composizione della Città metropolitana di Venezia (852.472 abitanti a fine maggio), nonché del Comune di Venezia (259.850), suddiviso nelle municipalità di Venezia-Murano-Burano (59.718 abitanti), Lido Pellestrina (20.174), Favaro (23.759), Mestre Carpenedo (88.748), Chirignago-Zelarino (39.068) e Marghera (28.483).
La storia e i precedenti
Mestre è stato un comune autonomo fino al 1926, anno in cui il legame divenne amministrativo per volere del regime fascista. L’unione fisica avvenne solo nel 1933 con la costruzione del ponte Littorio (poi della Libertà). Questo sarà il quinto referendum sulla separazione. Il primo si è tenuto nel 1979 (giunta Rigo), con il 72,3 per cento per l’unione contro il 27,6 per la separazione. Il secondo nel 1989 (giunta Casellati), con un’altra vittoria degli unionisti: 57,8 contro 42,2. Il terzo nel 1994 (giunta Cacciari). I separatisti si avvicinano: 44,4% contro 55,6. Il quarto nel 2002 (sindaco Costa) non ha raggiunto il quorum.
Per il referendum del 1° dicembre, la legge popolare per la suddivisione amministrativa del Comune è stata depositata il 25 marzo 2013 negli uffici della Regione. Ritenuto illegittimo dal Tar nell’agosto 2018, il referendum ha ricevuto via libera dal Consiglio di Stato a settembre 2019. Perché, si legge nella sentenza, a decidere sulla separazione dei comuni devono essere «i soggetti politicamente responsabili e le popolazioni interessate», e non i giudici.
Si voterà dalle 7 alle 23 e lo spoglio inizierà subito dopo. Circa 207 mila i cittadini chiamati alle urne, 256 le sezioni di voto più 14 sezioni speciali (in ospedali o case di riposo). Ad essere rivisti, in caso di vittoria del Sì, anche i confini dei due comuni: la gronda lagunare e le barene di terraferma a Venezia, Porto Marghera e aeroporto a Mestre.
Gli SCHIERAMENTI
Per il sì sono schierati rappresentanti politici, esponenti culturali e professionisti. In prima fila l’ex candidato leghista alle comunali Gian Angelo Bellati. Tra gli altri rappresentanti, l’avvocato Marco Sitran, Marco Gasparinetti, portavoce del “Gruppo 25 Aprile”, e Maria Laura Faccini tra i fondatori del gruppo “Mestre mia”. Favorevole anche l'ex magistrato e senatore Felice Casson, lo scrittore Antonio Scurati e il creativo Marco Balich. Le motivazioni a favore vanno dalla richiesta di due amministrazioni, per Venezia e Mestre, “dedicate” ai problemi specifici delle due città.
Nutrito anche il fronte del No con il presidente della Municipalità di Marghera Gianfranco Bettin, il Pd, la Cgil, l’ex sindaco Massimo Cacciari. Per gli “unionisti”, la separazione è una scelta anacronistica. Il timore, poi, è un indebolimento amministrativo con una minorata efficacia nel dare risposte ai problemi complessi di un territorio articolato. Il terzo fronte è quello dell’astensionismo. In prima fila c’è il sindaco di centrodestra Luigi Brugnaro. Con lui anche Forza Italia.
Il nodo del quorum
A pochi giorni dal voto, il clima in laguna è rovente. Dopo le polemiche per i verbali dei vigili ai residenti che nei giorni scorsi hanno esposto drappi “separatisti” ai balconi del centro storico, i comitati promotori del referendum con gli avvocati Marco Sitran e Giorgio Suppiej hanno presentato un ricorso urgente al Tar contro la scelta di fissare il quorum e una querela contro «pubblici amministratori che abusando della loro posizione e della credulità popolare hanno in queste settimane diramato notizie che si presumono false e tendenziose sull’aumento delle tariffe dei esercizi pubblici locali, al fine di orientare indebitamente l’elettorato verso astensione e No al referendum». —
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