«Vizi strutturali nel sistema Mose» Archiviata la querela di Mantovani

VENEZIA Le cerniere del Mose hanno «vizi strutturali». E «criticità legate ai materiali impiegati e all’effetto dell’ambiente del mare». Non si tratta di «diffamazione», come avevano sostenuto Giampaolo e Donatella Chiarotto, legali rappresentanti della Impresa Costruzioni Ing. E. Mantovani spa e della Fip Industriale, l’azienda che le aveva costruite. Ma di «legittimo esercizio del diritto di manifestazione del pensiero». Così il gip del Tribunale di Roma Nicolò Marino ha disposto l’archiviazione della querela che era stata presentata dagli imprenditori veneti. Sotto accusa c’era un’inchiesta del settimanale L’Espresso, allora diretto da Tommaso Cerno, firmata dai giornalisti Gianfrancesco Turano e Alberto Vitucci. Pubblicata in esclusiva la relazione dell’esperto metallurgico del Magistrato alle Acque, l’ingegnere padovano Gianmario Paolucci, presentata nell’ottobre del 2016.
Dal documento per la prima volta emergevano le «criticità metallurgiche delle cerniere del Mose». Difetti legati ai materiali e alla qualità dell’acciaio. E alle prove che, sosteneva il professore, «sono state condotte in un ambiente diverso da quello subacqueo lagunare». Conclusione, le parti più importanti del sistema Mose, costato alle collettività quasi 6 miliardi di euro, non erano state fatte a regola d’arte.
Una denuncia che aveva provocato la reazione della Mantovani e la presentazione della querela. Nel frattempo, anche a seguito dello scandalo Mose, i commissari straordinari del Consorzio Venezia Nuova Giuseppe Fiengo e Francesco Ossola avevano decretato l’uscita delle grandi imprese azioniste del Consorzio (Condotte, Grandi Lavori Fincosit e appunto Mantovani) dall’esecuzione dei lavori del Mose.
Lo stato precario delle cerniere – giganteschi apparati che collegano le paratoie in metallo alle basi in calcestruzzo sul fondo della laguna – era stato confermato da altri periti ed esperti. Tanto che qualche mese fa gli amministratori straordinari hanno lanciato una gara d’appalto da 34 milioni di euro per trovare un soggetto in grado di verificare tutte le cerniere e il loro stato di salute. E di proporre materiali più resistenti e modalità di costruzione alternative a quelle impiegate.
All’epoca della costruzione delle cerniere, una rovente polemica aveva scosso l’ambiente veneziano e del ministero delle Infrastrutture. Dal Comitato tecnico di magistratura erano stati allontanati esperti che sostenevano la necessità di realizzare le 156 cerniere (due per ogni paratoia) con il sistema della fusione e non della saldatura di due elementi diversi. Alla fine si erano scelte quelle saldate, affidandole senza gara alla Fip di Padova. Inaugurazione in pompa magna allora, con il premier Berlusconi, il ministro Matteoli, il presidente del Veneto Giancarlo Galan.
Ma adesso, qualche anno dopo, le cerniere restano l’incognita più pesante sulla tenuta del sistema Mose. La scoperta di perni arrugginiti e la dichiarazione che non resisteranno cento anni come da progetto, ha convinto il Consorzio ad avviare la gara per progettarne di nuove, più resistenti e durature. Sul Mose e le sue grane ancora non è stata scritta la parola fine. —
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