Zaia insiste: elezioni regionali a luglio e De Luca è suo alleato

Il governo apre al dialogo - con l'apertura del ministro Boccia - ma D'Incà tira il freno: le preferenze non si toccano, no ai "porcellum" nei singoli territori
Luca Zaia arriva alla sede della Lega dopo la vittoria alle elezioni regionali, Treviso, 1 giugno 2015
Luca Zaia arriva alla sede della Lega dopo la vittoria alle elezioni regionali, Treviso, 1 giugno 2015

VENEZIA. C’è un fantasma che si aggira a Montecitorio: quello delle elezioni regionali a luglio. Che Luca Zaia e Vincenzo De Luca fortissimamente vogliono. Da soli contro tutti. Un patto trasversale tra il “serenessimo” governatore della Lega e il “cinghialone” Dem della Campania alleati in una sfida davvero insolita: bruciare le tappe ed evitare l’election day caldeggiato invece a fine settembre dal ministro D’Incà per ovvi motivi di razionalità e risparmio dei costi. Zaia spinge per insediare le urne a fine luglio, anche se Matteo Salvini non è d’accordo, proprio per ottenere la terza investitura e affrontare la “fase 3” a ottobre con i pieni poteri.

Questa è la sua tesi. De Luca invece intende sfruttare il boom di popolarità e incassare la riconferma senza che il Pd e il centrosinistra si possano pronunciare sulla sua ricandidatura, assai controversa. Ora o mai più.
A Montecitorio, lo stato maggiore della Lega offre anche un’altra interpretazione della fretta di Zaia.

Se a giugno Renzi dovesse far saltare il governo Conte2 si aprirebbe la trattativa per un accordo istituzionale e il leader perfetto per l’unità nazionale ha un solo nome: Luca Zaia, al top del consenso in Italia, stimato dal Quirinale per il suo equilibrio. Salvini gli darà mai il via libera? Pare di no. Ecco allora che le regionali a luglio a Venezia mettono fine ad ogni ambiguità: difficile divorziare dal Veneto poche settimane dopo aver stretto il terzo matrimonio nelle urne.

Il nuovo scenario sarà affrontato questa mattina dalla commissione Affari costituzionali della Camera alle 10.20, con la videoconferenza aperta ai governatori di Veneto, Liguria, Toscana, Marche, Campania e Puglia chiamati a rinnovare le assemblee dal 7 settembre al 26 ottobre.

Nel governo sta maturando un atteggiamento di dialogo. Se n’è fatto interprete il ministro delle Regioni Francesco Boccia nel corso di una intervista a “Mezz’ora” quando ha ammesso che il voto a luglio non è più un’eresia. E Zaia ha rilanciato: «Mi pare una posizione di buon senso. È uno scenario che, salvo smentite, si va giorno dopo giorno sempre più consolidando. Quando si è iniziato a parlare delle elezioni erano i primi di aprile e da allora ci sono stati 24 giorni di discesa delle curve del contagio, nonostante le aperture. Sta cambiando lo scenario sotto gli occhi. Penso che sia un’opportunità per il Governo, anche di messa in sicurezza della democrazia, approfittare della prima finestra utile in sicurezza. Ovvio che ci deve essere un parere del ministero della Salute», conclude Zaia.

A Roma gira anche un’altra ipotesi: abolire le preferenze. Chi la boccia senza indugi è il ministro Federico D’Incà. «Il Governo non ha mai pensato di abolire il voto di preferenza per le prossime elezioni regionali ed amministrative. Si tratta di una notizia priva di fondamento. In primo luogo non compete allo Stato intervenire in materia di leggi elettorali regionali.

In secondo luogo non è possibile modificare la legge per i comuni in sede di conversione del decreto che sposta gli appuntamenti elettorali, sfruttando l’emergenza sanitaria per spregiudicate manovre di potere ai danni dei cittadini», dice il ministro dei Rapporti con il Parlamento.

«Nel merito, non sono affatto favorevole a privare i cittadini del potere di scegliere i propri rappresentanti nei consigli regionali e comunali.

Sarebbe come introdurre dei piccoli porcellum a livello locale. L’emergenza non può assolutamente giustificare un simile obbrobrio antidemocratico», conclude D’Incà. Tesi condivisa dal M5s, che invoca una vera campagna elettorale e la fine delle dirette-web dei governatori.

E in Veneto che dicono? Se la Lega ha fretta, il Pd tira il freno. Se ne fa interprete Graziano Azzalin. «La volontà ferrea di Zaia di andare subito al voto ha poco a che vedere con gli interessi dei veneti e molto, invece, con quelli del governatore: è una lotta interna alla Lega, lui contro Salvini, un’occasione unica per spodestarlo dai vertici del Carroccio. Come pensa di poter assicurare una regolare competizione tra i partiti? Già così c’è una sproporzione tra le forze in campo e la presenza nei mezzi di comunicazione che ha poco di democratico.

Ad aggravare il quadro la possibilità per Zaia di candidarsi non solo come presidente ma anche come capolista in tutte e sette le province, grazie a una legge elettorale assurda. Il suo disegno plebiscitario è condiviso da governatori di centrosinistra come De Luca: una tesi irresponsabile. Mi auguro che il Governo mantenga la propria posizione e si vada a votare a settembre», conclude Azzalin. —

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