Zoppas entra al seminario ma Confindustria è divisa

VICENZA. Matteo Zoppas c’era. Nonostante le illazioni e le divergenza d’opinioni, il fronte confindustriale veneto è rimasto compatto. «Confindustria è una macchina che si muove in modo omogeneo, se ci sono talvolta delle sbavature non significa che non facciamo sistema» precisa con serenità Zoppas, uscendo dal primo dei tre seminari che porteranno alla definizione del manifesto confindustriale #Veneto2020. Per fortuna, aggiungono i bene informati, perché era dai tempi della frattura di Vicenza - quella degli applausi a Berlusconi che tuonava contro Confindustria - seguita alla scollatura tra ala montezemoliana e pro-Tognana, che l’associazione procedeva compatta. Qualcosa aveva scricchiolato qualche anno fa, con alcuni seguaci di Bombassei poi ricomposti sull’elezione di Squinzi. Ma da allora file serrate. Con un distinguo che qualcuno fa notare. È come se ci fosse un Veneto centrale formato dalle territoriali di Vicenza, Padova e Treviso, da poco in network, che si muove allineato e in osmosi. E un secondo Veneto periferico che vede, da una parte, l’isolamento quasi storico di Verona a Ovest e Belluno a Nord, con Venezia e Rovigo a braccetto nel loro processo di aggregazione. Ed è proprio da Venezia che è uscito qualche mal di pancia. «#Veneto2020» ha spiegato Zoppas deve essere un «percorso che parte dalla base associativa» producendo «solo alla fine linee programmatiche economiche, con la rigorosa condizione di evitare ogni possibile strumentalizzazione politica». A Zoppas, probabilmente, non sono andate giù alcune dichiarazioni del presidente Zuccato in tema di isolamento e autonomismo. Ma il dato di fatto è che, anche se il manifesto è stato votato da tutte le territoriali, «l’adesione resta condizionata» ribadisce Zoppas. Tutto da vedere, dunque, e il percorso è appena iniziato. Non miriamo, spiega Confindustria, a una «lista della spesa», ma a un perno su cui costruire la nuova politica industriale del Veneto. C’è chi rumoreggia che tra l’associazione e i due contendenti, Luca Zaia e Alessandra Moretti, non ci sia grande comunione di intenti. Ma ora quello che conta è la visione. E Confindustria forse, provocatoriamente, sta guardando al 2020, cioè a fine del prossimo mandato. In queste tre sessioni a porte chiuse, ieri a Vicenza erano circa un centinaio i pensatori, per discutere di Manifattura e cultura, Industria e capitale umano, Futuro metropolitano. A introdurre i lavori ieri il braccio destro di Roberto Zuccato, Stefano Micelli: l’uomo del «Futuro artigiano», esperto conoscitore della manifattura e direttore della Fondazione Nord Est. Dalle stimolazioni di Micelli partiranno i tavoli e la discussione che continueranno nelle prossime settimane nei due appuntamenti di Treviso e Venezia. L’ultima sede sarà quella del Marco Polo, l’aeroporto che sta costruendo l’hub del Nordest. #Veneto2020 modello Leopolda? Non proprio. Più modello Unicredit che con i propri consigli di territorio, che per Confindustria sono le Giunte, consulta la base. «È comunque un percorso innovativo - replicano dall’associazione - uno sforzo per guardare lontano e proporre una visione».
Resta il fatto che la visione unitaria degli industriali appare ancora tutta da costruire, ma forse dietro alle ruggini potrebbe esserci dell’altro, antiche rivalità che il Veneto mai pare riuscir a sopire.
Eleonora Vallin
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