Buffon lascia la Juventus «Fine di un ciclo, giusto così»

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L’eterno ragazzo chiude davvero la porta. Almeno quella bianconera. Lascia la Juventus dopo 638 partite, 61.232 minuti e 21 trofei, numeri che potrà implementare in quest’ultimo tratto di stagione. Gigi Buffon ha vinto tutto, tranne la Champions, un’ossessione, compreso un campionato di Serie B che considera una medaglia.
Accettò di retrocedere da campione del mondo, per riportare in alto la squadra dopo la bufera di Calciopoli, lo ha fatto dopo anni duri aprendo un ciclo storico, ha lasciato per immergersi nell’esperienza del Psg, è tornato per dare una mano quando, scelto Maurizio Sarri, c’era bisogno oltre che di un grande portiere di un custode di «juventinità». È bene ricordarlo, adesso che c’è l’annuncio della separazione definitiva ma non la certezza dell’addio al calcio, perché una lettura superficiale può fare pensare a un incontentabile che a 43 anni non si contenta di stare all’ombra.
Non è così, è il contrario. Gigi ha dato lezione di umiltà e spirito di gruppo, ha detto no alla maglia numero uno e alla fascia di capitano che Szczesny e Chiellini volevano restituirgli, ha saputo essere prezioso da riserva, lui abituato da sempre alla ribalta e integro nell’entusiasmo e nei riflessi, portiere affidabilissimo e non monumento di se stesso, campione ingabbiato dal nuovo incarico e non talento imbolsito incapace di smettere. Poteva farlo solo alla Juve, ma adesso che il capitolo è chiuso tutto cambia: perché l’alternativa alla pensione è un’offerta intrigante, possibile proprio alla luce delle prestazioni piu recenti.
«Il mio futuro è chiaro e delineato – ha detto a Bein Sports, confermando indiscrezioni dilaganti e confidenze amichevoli –. Quest’anno si chiuderà in maniera definitiva questa bellissima e lunghissima esperienza con la Juve. O smetto di giocare o se trovo una situazione che mi dà stimoli per giocare o fare un’esperienza di vita diversa la prendo in considerazione. Penso di aver dato tutto per la Juve. Ho ricevuto tutto e più di così non si può fare. Siamo arrivati alla fine di un ciclo ed è giusto che uno tolga il disturbo».
Non inganni l’ultima parola, non c’è goccia di polemica, è una metafora per chiare che la missione è compita, che non c’è più bisogno di lui, che la cattività accettata per il bene della Juve non ha ragione. E adesso via con le ipotesi sul futuro: in Italia, esclusi grandi club per fedeltà bianconera, il Parma prima culla e il Genoa per cui tifava appaiono suggestioni: unica pista percorribile, non semplice, l’Atalanta che l’aveva cercato in autunno e che potrebbe puntare sulla sua esperienza per rivivere l’avventura europea. Ovviamente, Usa ed Emirati ammiccano, ma anche il calcio europeo appare interessato: in Francia invitano a tenere d’occhio il Monaco, in Turchia è il Galatasaray a valutare l’idea.
E la Juve? Le voci su Donnarumma s’indeboliscono davanti alle sofferenze di bilancio, e comunque sarebbe un’altra storia, legata a quella di Szczesny. I profili più concreti conducono a Perin, proprietà Juve in prestito al Genoa, che però vorrebbe fare il primo per cercare di rientrare nel giro azzurro, a Emil Audero, oggi alla Samp ma con diritto di prelazione, o a Musso dell’Udinese. —
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