Dal celerifero alla Ferrari a pedali La magia della bici

TUTTO INIZIÒ NEL 1818 CON IL PRIMO MODELLO RUDIMENTALE DAL CAMBIO CAMPAGNOLO ALLA TECNOLOGIA AEROSPAZIALE
Di Sandro Bolognini

di Sandro Bolognini

Dal celerifero del tedesco Karl von Drais alla Dogma F10 Pinarello, considerata la Ferrari della bicicletta da corsa. La storia in duecento anni. Tutto ebbe inizio nel 1818 quando venne brevettato il primo modello rudimentale di bicicletta, evoluzione di una forma più primitiva (celerifero) che venne perfezionata con l'aggiunta del manubrio e della sella; tale veicolo, chiamato draisina in onore del suo ideatore, aveva una struttura prevalentemente lignea e non era dotata né di freni né di pedali.

La storia della bicicletta prosegue, dopo l'introduzione dei pedali avvenuta nel 1861 a opera di Ernest Michaux e il loro montaggio su un velocipede di nuova concezione, nel 1869. Eugene Meyer si mise in mostra sulla scena internazionale inventando il biciclo, cioè un particolare velocipede con la ruota anteriore di grande diametro rispetto a quella posteriore. Nel 1885 l'inglese John Starley realizzò la prima vera bicicletta, che chiamò Safety bicycle, cioè “bicicletta di sicurezza”. Le prime biciclette da corsa, la cui forma è rimasta tale sino ai nostri giorni (struttura del telaio a diamante, cioè a doppio triangolo), erano costruite con robuste tubazioni d'acciaio e avevano un peso elevato, circa 20 kg, in quanto dovevano resistere alle sollecitazioni meccaniche inferte dai terreni sconnessi (a quei tempi le strade non erano ancora asfaltate); inoltre tali bici non erano dotate né di cambio né di ruota libera, montavano il rapporto unico e avevano il freno anteriore a tampone, che agiva direttamente sul copertone e non sul cerchio.

L'innovazione più importante degli anni Trenta fu il cambio, brevettato nel 1933 da Tullio Campagnolo nella versione del cambio a bacchetta (detto anche a due leve); la manovra consisteva nell'azionare la prima leva per sbloccare il mozzo della ruota, azionare l'altra per spostare la catena sul pignone e successivamente chiudere il mozzo tramite la prima leva, e durante questa procedura bisognava compiere una mezza pedalata all'indietro. Nel corso di due decenni, il cambio fu migliorato nei componenti e nei meccanismi, sino a raggiungere alti livelli nel 1947 con il cambio introdotto da Simplex (inventore Lucien Juy), il quale sfruttava una levetta posta sul tubo obliquo del telaio per effettuare la cambiata; con questo sistema si potevano montare sino a cinque pignoni con la doppia corona.

Dal 1950 sino agli inizi degli anni Settanta il gruppo Campagnolo sviluppò nuovi modelli di cambio più efficienti, più leggeri ma al contempo robusti, che potevano garantire una maggiore scelta nel numero dei pignoni, unitamente a una cambiata più immediata, assicurata dall'azionamento di due levette (una per i pignoni posteriori e una per le corone anteriori) posizionate sul tubo obliquo del telaio. Nel 1973 si affacciò sulla scena mondiale il principale concorrente di Campagnolo, la giapponese Shimano, che lanciò il suo primo cambio Dura Ace. Shimano divenne famosa per aver introdotto la nuova versione del cambio Dura Ace (1984) a sei velocità e indicizzato, ovvero con la levetta che scattava a ogni cambio di pignone; sistema molto più pratico, veloce e preciso, antesignano del nuovo sistema che verrà introdotto nel 1991 che comprenderà il cambio integrato nelle leve del freno sul manubrio. Il record dell'ora segna una svolta. Nel 1984 l'avvento delle ruote lenticolari usate da Francesco Moser per il doppio primato in Messico. Nel 1994 fece scalpore la Espada Pinarello adoperata da Miguel Indurain.

Contestualmente entrarono sul mercato i pedali a gancio e sgancio rapido in sostituzione di quelli classici a gabbietta.

Negli ultimi trent'anni la rivoluzione: l'acciaio venne sostituito da materiali più leggeri e performanti, come l'alluminio, la fibra di carbonio ed il titanio. E non è ancora finita.

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