Guidolin, il superfan di Gilles Villeneuve «Da quando è morto non guardo più la F1»

la storia
niccolò budoia
Quando lo tira fuori dal sacchetto Dior in cui lo custodisce da 35 anni, a Dario Guidolin ancora luccicano gli occhi. La commozione si impadronisce di lui, e manca poco che gli scappi una lacrima. In quel sacchetto c’è qualcosa che per lui è più prezioso dell’oro. Lì dentro c’è il sottocasco che Gilles Villeneuve avrebbe dovuto indossare al Gran Premio del Belgio 1982, se in quel maledetto sabato di qualifica a Zolder un contatto con la March di Jochim Mass non lo avesse strappato all’amore dei ferraristi. Guidolin, 64 anni di Galliera Veneta e una passione viscerale per le quattro ruote, era uno di quelli. Non c’era niente al mondo che lo tenesse lontano dal televisore durante i gran premi. Quell’8 maggio 1982 era al lavoro mentre Gilles moriva, scaraventato fuori dall’abitacolo della sua Ferrari 126 C2: «Arrivato a casa me lo hanno detto subito. Non ho mai pianto così tanto in tutta la mia vita. Ancora oggi, quando guardo i filmati sulla vita di Gilles, spengo il televisore prima che arrivi l’incidente di Zolder», racconta Guidolin.
Il sottocasco gli arrivò alcuni mesi dopo quel gran premio, quando conobbe alla cena del Ferrari Club di Galliera Brenda Vernor, allora segretaria di Enzo Ferrari. Guidolin le si avvicinò cauto e le chiese se avesse potuto avere qualcosa appartenuto a Gilles: un guanto, una penna, non importava cosa. Era stata Brenda Vernor a disfare la borsa di Gilles, dopo la sua morte. Aveva conservato quel sottocasco per tenerselo, ultimo ricordo del pilota più coraggioso della storia della Formula 1. Alcuni giorni dopo, Brenda lo chiamò a Maranello e gli consegnò il sacchetto Dior. Quando Dario provò ad aprirlo lo fulminò e gli intimò di aprirlo solo arrivato a casa: «Arrivato a casa non ci potevo credere. Per me Gilles era un mito. Dopo la sua morte non ho più guardato la Formula 1: non ci riuscivo», racconta.
La prima volta che aveva incrociato il suo campione era stato a Istrana, il 21 ottobre 1981. La Ferrari aveva messo uno di fronte all’altro Gilles Villeneuve e uno Starfighter F104S, il caccia in dotazione all’Aeronautica. Un ufficiale gli si fece incontro e, probabilmente colpito dalla sua passione, gli mise al collo il suo pass. Incredulo, Guidolin potè vedere da vicino il suo Gilles per tutta la giornata. L’ultima occasione per vederlo in azione sarebbe stata il Gran Premio di Imola 1982, passato agli annali per il sorpasso del ferrarista Didier Pironi alla Tosa quando il francese era secondo dietro a Villeneuve, in barba agli ordini di scuderia che avevano imposto quelle posizioni fino alla bandiera a scacchi: «Sono arrivato in autodromo, ma dopo mezz’ora di coda non avevo fatto un solo passo verso i cancelli d’ingresso. Tornai alla macchina e andai a casa». Fu l’ultimo gran premio a cui si avvicinò. Poi ha seguito solo i rally, correndone anche parecchi fra le auto storiche: «Molti anni fa l’avvicinamento alla partenza del Rally di Montecarlo passò per Castelfranco. Io ci andai con la mia Fiat 600 e corsi dietro alla Lancia Fulvia di Sandro Munari fino a Cittadella, prima di finire la benzina», racconta divertito.
Ma niente e nessuno ha potuto far breccia nel suo cuore come Gilles. Troppo grande, quel piccolo canadese, per essere dimenticato. —
BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
Riproduzione riservata © Il Mattino di Padova