La storia di Luciano: «Combatto l'amianto facendo le maratone».
L'uomo, 65 anni, da tempo è affetto da asbestosi pleurica: è l'unico sopravvissuto degli operai che lavoravano alle Officine Meccaniche Stanga

PADOVA. «Se sono ancora vivo è grazie alla maratona». Luciano Morandin, 65 anni, ultramaratoneta di lungo corso e recordman di corsa all'indietro con km 62,077 stabilito nel 2011 a Fano, da anni è affetto da asbestosi pleurica con placche calcifiche sottocostali bilaterali. Una malattia che si contrae attraverso l'inalazione delle fibre di amianto. Per 26 anni Morandin ha lavorato alle dipendenze delle Officine Meccaniche Stanga, dove demoliva carrozze dei treni operando spesso a tu per tu con l'amianto. Per motivi di sicurezza faceva il turno dalle 17 del pomeriggio alle 22, quando tutti i reparti erano fermi. Nel 1997 dopo cinque ricoveri e dopo essere stato uno dei primi casi di malattia professionale è andato in pensione. Morandin per i medici che lo hanno in cura è diventato un caso da studiare.
«Al processo per i danni da amianto ero l'unico sopravissuto», afferma il maratoneta. «A rappresentare i miei colleghi quel giorno in tribunale c'erano 19 vedove. Mi ha salvato lo sport e la voglia di vivere. Finché avrò fiato non smetterò di correre. La maratona è la mia salvezza, corro per la salute, i risultati non mi interessano».
Luciano Morandin alle visite medico-sportive di idoneità per poter iscriversi alle gare agonistiche, a cui si sottopone regolarmente tutti gli anni, non ha mai avuto problemi. «A meno ché», aggiunge, «non sia un miracolato. Nel 2009 sono rimasto immobile per 5 mesi a causa di un'ernia lombosacrale. Sono stati mesi durissimi e un giorno mi sono deciso ad andare a pregare sull'arca del Santo e ho promesso che se mi avesse fatto guarire avrei corso all'indietro tutta la maratona di S. Antonio. Impegno che ho onorato nell'edizione 2010. L'anno successivo sempre alla maratona di Padova ho fatto addirittura il miglior tempo sui 42 km in retrorunning (6h18')".
Come le è venuta l'idea di correre per così tanti chilometri all'indietro visto che è già è così difficile portare a termine una maratona in avanti?
«Nell'estate del 2004 ho voluto provare una gara di retrorunning organizzata dal padovano Dario Vettorato a Treschè Conca sull'Altopiano di Asiago. Da allora non ho più smesso anche se le cento chilometri e le 24 ore le corro normalmente. Quest'anno vorrei migliorare il mio record, arrivare almeno a correre all'indietro una settantina di chilometri. Spero vada in porto come sembra l'organizzazione di una 24 ore sulla pista dello stadio Franceschini di Voltabarozzo. Tentare a Padova sarebbe l'ideale, altrimenti dovrò iscrivermi alla eco-maratona di Fano. In queste imprese ho due angeli custodi. Mariano Beggio e Mohamed Salem della Vis Abano che mi fanno da navigatori. Mi dicono dove ci sono degli ostacoli e quando e in quale direzione devo girare. Le gambe e i polmoni, sebbene intaccati dalla polvere d'amianto però sono i miei».
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