L’uomo dagli occhi di ghiaccio ha finito la sua lunga partita Il Toro piange Gigi Radice
MILANO. Lutto nel mondo del calcio. È morto dopo una lunga malattia Gigi Radice. L’allenatore dell’ultimo scudetto del Torino, l’unico del dopo Superga nel 1976, aveva 83 anni. Tra gli allenatori più innovativi della sua epoca, ha guidato anche Inter, Milan, Bologna, Roma e Fiorentina. Dopo una carriera ricca di successi da calciatore con la maglia del Milan, con cui vinse tre scudetti e la Coppa Campioni del 1963, Radice passò in panchina. Soltanto due settimane fa alcuni campioni d’Italia del Torino 1976 si sono riuniti per la presentazione di “Gigi Radice. Il calciatore, l’allenatore, l’uomo dagli occhi di ghiaccio”, il libro che racconta la sua storia scritto da Francesco Bramardo e Gino Strippoli. Nella lunga carriera giocò anche nel Padova ed allenò il Treviso.
«Luigi Radice è stato un grandissimo nella storia del Torino e in quella del calcio, sport in cui ha interpretato al meglio il ruolo del maestro: entra di diritto nel pantheon granata con gli eroi di Superga» . Il primo commento, appresa la notizia, è quello di Urbano Cairo. «Un uomo granata a tutto tondo, grande passione in campo e dolcezza umana fuori. Per noi è stato un grande protagonista, dalla metà degli anni’70, quando poi vinse lo scudetto, fino a quasi tutti gli anni 80» aggiunge l’attuale presidente del Toro «prima vinse il campionato, poi arrivò secondo, e tornò al Toro nel 1984-85 riuscendo ancora ad essere secondo. Senza dubbio un grande protagonista del Torino di quegli anni, con risultati notevolissimi. E poi con 374 partite è stato il tecnico granata più longevo» .
«Per me è stato un maestro, un papà. Mi ha aiutato a essere qualcosa di più di un buon calciatore, mi ha aiutato anche a essere un uomo fuori dal campo», è il ricordo di Paolo Pulici, il bomber di quell’epoca, raccontato sul sito Toro.it. «Con lui un rapporto bellissimo, durato tanti anni. Mi rattrista il fatto che se ne è andato soffrendo un po’. Radice» ha raccontato ancora Pulici «era un allenatore che pretendeva da tutti serietà. Ma era anche un uomo e come uomo chiedeva certe particolarità e bisognava rispettarle. I consigli che ti dava, se li ascoltavi, ti facevano sempre andare in campo e fare bene».
Commosso il ricordo di Eraldo Pecci: «In questo momento le parole sono superflue, meno se ne dicono, meglio è: abbiamo perso un grandissimo uomo...». Di quella squadra Pecci, oggi commentatore della Rai oltre che scrittore, era il regista. «C'è davvero poco da dire» spiega sconsolato «era un uomo esemplare al quale ero molto affezionato». Due caratteri all'apparenza lontanissimi, Radice schivo e riservato, Pecci esuberante ed estroverso, ma capaci di un rapporto profondo. «Dicevano di lui che era un “sergente di ferro”, invece sapeva essere un uomo molto dolce. Dal punto di vista professionale è stato l'allenatore che ha cambiato il calcio italiano, portando l'Olanda in Italia».
Sulla stessa linea Claudio Sala: «Un innovatore, un grandissimo allenatore che ha cambiato il calcio italiano e ha regalato una delle più grandi soddisfazioni al Torino» parole del “poeta del gol «pretendeva il massimo, sempre, ma dal punto di vista umano era leale e onesto. Purtroppo ha avuto una malattia che da tanti anni ormai lo stava logorando». —
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