Padova, 112 stranieri con la tua maglia Rosa il più amato Kolbl, che bomber

Stefano Volpe / PADOVA
Il racconto dello sport è costruito soprattutto da piccole e grandi storie individuali. Storie di campioni e bidoni, di cadute e trionfi, storie che si mischiano a leggenda. E quando queste arrivano da lontano spesso assumono un fascino particolare. È proprio sulle storie che arrivano da lontano che Raffaele Campo ha scritto un libro inedito nell’ampia bibliografia dedicata al Padova. Il titolo spiega tutto: «Gli stranieri biancoscudati». E raccoglie le storie di tutti i calciatori esteri che hanno vestito la maglia del Padova dal 1910 in poi.
I FORESTI.
Nessuno si era mai preso l’impegno di percorrere questo giro del mondo in salsa biancoscudata. E il risultato che emerge aiuta anche a rispolverare qualche sfumatura andata perduta nel corso degli anni. Primo fra tutti: quanti sono gli stranieri che hanno vestito la maglia del Padova? 112. Dal primo, lo svizzero Ernesto Peyer, attaccante che fu anche compagno di Silvio Appiani, dal 1914 al 1919. Fino all’ultimo, l’unico che non è stato inserito nel libro visto che al momento del suo acquisto l’opera era già andata in stampa, il centravanti guineano Karamoko Cissè. Il più presente di tutti è un calciatore che ha fatto la storia nel periodo d’oro, Humberto Rosa, regista da 150 presenze con i Panzer di Rocco e innamorato della città al punto da decidere di rimanerci a vivere per sempre, fino alla sua scomparsa nel 2017. Il bomber straniero di tutti i tempi, al contrario, è un personaggio forse un po’ dimenticato, il tedesco Rudolf Kolbl, che con i suoi 35 gol in 3 stagioni, dal 1961 al ‘64, trascinò anche il Padova fino alla finale di Coppa Rappan. In totale sono 43 le nazioni rappresentate, con tutti i continenti a parte l’Oceania. Ma gran parte di questi calciatori arrivano dalle due nazioni esportatrici per eccellenza, Brasile (24) e Argentina (15). L’unico asiatico è l’iraniano Alì Lolli, terzino della prima era Cestaro, mentre quello che è arrivato da più lontano è un altro simbolo: Matias Cuffa, da Alta Gracia, Argentina, a 11.494 km da Prato della Valle.
GLI ANEDDOTI.
«L’idea mi è nata perché volevo raccontare la mia passione biancoscudata attraverso un filone che finora non era mai stato approfondito», spiega Campo, classe 1989, laureato in giurisprudenza e impiegato in un ufficio legale di Abano. «Ho iniziato a seguire il Padova allo stadio nel 2003 e i miei idoli erano proprio due stranieri, Muslimovic e La Grotteria». Il libro ripercorre diversi aneddoti legati ai “forestieri”. «Ci sono tante storie particolari, da chi si è legato meno a chi ha scelto di mettere radici a Padova, penso anche al danese Thomassen che parla pure in dialetto. L’ultimo capitolo è il più curioso e l’ho scritto con l’aiuto di Dante Piotto. Ci sono le storie mancate, vale a dire gli stranieri che non hanno mai esordito per un soffio. E così abbiamo riscoperto il messicano Victorino Cesareo, acquistato nel 2004 ma che per motivi burocratici non arrivò mai. O il neozelandese Atawhai che nell’estate 2014 partì dal suo paese, sbarcò in ritiro ad Asiago, fece un allenamento di prova ma la sera stessa fu scartato e ritornò subito a casa».
I PRESIDENTI.
Il libro, edito da Urbone Publishing, è disponibile online sul sito della casa editrice e vanta la prefazione del sindaco Sergio Giordani. Sono raccolte le storie dei giocatori proprio nel periodo in cui, per la prima volta in 111 anni, il Padova è in mano a una proprietà straniera: «Non è un caso che questa proprietà si inserisca nel solco di una storia da sempre aperta a chi arriva da lontano», sorride il presidente Daniele Boscolo Meneguolo. «La storia del Padova vanta da sempre forze straniere, anche in panchina, e si intreccia con la storia di una città globalizzata da secoli, per merito di una cultura internazionale formata dall’Università e dalla Repubblica Serenissima. Il nostro compito è quello di portare avanti questa tradizione, valorizzando il territorio e le eccellenze locali ma tenendo una finestra spalancata sul mondo. Padova si è distinta da sempre per il suo spirito accogliente». —
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