Un folletto tra i giganti Niccolò Fadalti giocatore, allenatore papà e studente

IL PERSONAGGIO
Giocatore, allenatore, universitario, papà. È un anno straordinariamente intenso per Niccolò Fadalti. Da sei stagioni al Petrarca Rugby, a 31 anni compiuti il jolly dei trequarti tuttoneri è ormai diventato la chioccia dei suoi compagni di reparto oltre che un beniamino dei tifosi, per l’inconfondibile chioma bionda riccioluta e le accelerazioni brucianti ed imprevedibili con cui confeziona mete e assist spettacolari. Un folletto tra i giganti, capace di fare la differenza grazie alle sue spiccate doti atletiche e tecniche. Per uno come lui, vedere i tre piccoletti sudafricani De Klerk, Jantjies e Kolbe sollevare la Coppa del Mondo ha suscitato sentimenti contrastanti.
«Mi hanno emozionato, dimostrando che attitudine, rapidità e tecnica sono qualità che incidono anche nel rugby professionistico e ultra fisico di oggi. Non contano solo altezza e peso», sottolinea, «d’altro canto mi hanno fatto ripensare con un po’ di rabbia a quando in Italia i giocatori delle selezioni giovanili che non rientravano in certi standard dimensionali (ovvero nel “Progetto Altezza” , ndr) venivano scartati a priori. Io ho fatto qualche raduno ma non mi hanno mai convocato. Se fossi stato un fenomeno sarei andato avanti lo stesso, questo va detto. Il criterio di selezione però era illogico. Tant’è che oggi, per fortuna, in Nazionale il nostro pezzo pregiato è Minozzi, cioè uno basso, veloce, imprevedibile e spettacolare».
Talento trevisano, cresciuto tra Silea e Tarvisium, da un po’ di giorni ha definitivamente spiccato il volo per l’età adulta, con la nascita di sua figlia Alice. «Questa sì che è stata un’emozione enorme. È andato tutto benissimo, Alice è splendida e tanto tranquilla. Speriamo continui così! Beatrice, la mia compagna, è stata bravissima. Stiamo insieme da due anni e mezzo, mi ha cambiato la vita. Fa l’addestratrice di cani: forse con le sue abilità è riuscita ad ammaestrare anche una testa matta come me».
A controllare che tutto vada bene, in casa Fadalti, ci sono altri due aiutanti. «Abbiamo due cani: Yumi, un akita femmina, e un lupo cecoslovacco di nome Blake. Sono molto premurosi con Alice. Lui soprattutto, che per indole è molto attaccato alla famiglia, era già molto protettivo quando Beatrice aveva il pancione e se per scherzo faccio finta di mordere la bambina si mette subito in mezzo».
Come stai vivendo il doppio ruolo di giocatore e tecnico, in due club diversi? «È impegnativo ma altrettanto stimolante. È il mio primo anno da allenatore. Ho sempre pensato di non essere tagliato per questo ruolo, essendo un giocatore istintivo. Invece il corso mi è piaciuto e devo ringraziare Roberto Santamaria per questa possibilità».
Quanti anni ancora vuoi giocare? «Fosse per me continuerei finché il fisico regge. Ma spero di laurearmi entro un anno, in Economia gestionale. Mi mancano sette esami. Se mi laureo e mi offrono un bel lavoro cambia tutto».
Ma tra campo, studio e pannolini, come fai? «Non ho un secondo libero, devo organizzarmi bene. Per ora va così, è dura ma sono contento. E ringrazio Beatrice che sopporta tutti questi sacrifici. La sera crolliamo dal sonno».
Ultima domanda sul Petrarca: siete primi, la squadra è in salute. Si può sognare? «Rispetto all’anno scorso, in cui eravamo un po’ frenati dalla responsabilità di difendere il titolo, riusciamo a fare un gioco più brillante. Ci sono tanti nuovi innesti e giovani di qualità. Sento più freschezza e voglia di andare a prendersi delle belle soddisfazioni». —
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