A 10 anni dalla tragedia la mamma è sicura: «La mia Jessica è ancora viva»

Il 30 aprile 2010 la ragazzina di 12 anni fu stroncata da un aneurisma «Tutti chiedono di lei: dava gioia e donò i suoi organi. E' grazie a lei che vado avanti»  

PADOVA. Era il 30 aprile del 2010 quando Jessica Simionato lasciò la vita terrena, a soli 12 anni. Il giorno precedente, il 29 aprile, si era sentita male a scuola, quindi la corsa in ospedale e l’implacabile sentenza: aneurisma celebrale. Quattro giorni prima, il 26 aprile, aveva compiuto 12 anni. Dire che oggi Jessica non c’è più è una verità, ma non è del tutto vero: il ricordo del suo sorriso pieno di vita e di speranze sopravvive in città, nel suo quartiere, l’Arcella, tra gli amici di quella prima C della media Giacomo Zanella, oggi ventiduenni, che in tutti questi anni hanno organizzato ad ogni anniversario un torneo per parlare ancora di lei, quest’anno “saltato” per le limitazioni del maledetto coronavirus.

L’amore sopravvive

Incredibilmente la magia dell’amore che Jessica sapeva donare agli altri sopravvive nelle persone che l’hanno conosciuta. «Due anni fa», racconta la mamma, Paola Bagordo, «è venuto nella panetteria che gestisco all’Arcella l’infermiere che durante quei drammatici giorni di dieci anni fa si era preso cura della mia bambina. Oggi è papà di due gemelline, Alba ed Aurora, ed è venuto a salutarmi, mostrandomi il suo personale dolore. Qualche settimana fa è venuta in negozio una giovane mamma che era specializzanda in anestesia quando Jessica fu portata di corsa in via Giustiniani. Per le straordinarie combinazioni della vita per tre volte in breve tempo si è imbattuta nel ricordo di Jessica, a tal punto da sentire il bisogno di venire a conoscermi. Non l’ho ancora incontrata perché purtroppo non ci siamo intercettate, ma sono tutti frammenti di vita di mia figlia. Le persone che le sono state vicine si avvicinano a me perché Jessica crea amore e questi eventi mi danno la forza di non cedere allo sconforto, quando arriva».



Il ricordo

Il ricordo sa essere potente e quando è accompagnato da un amore granitico, quello di madre, niente può fermarlo. E dunque no, Jessica non è morta. La sua presenza in spirito è ancora accanto alle persone che ne preservano con determinazione il ricordo. E così anche le “coincidenze” acquistano significato: un cuore che prende forma improvvisamente dalla caduta accidentale del caffè; una nuvola che si veste in cielo quasi a richiamare la nostra attenzione. Paola, circa due anni fa, ha deciso di aprire un panificio proprio vicino alla scuola Zanella di Jessica: «Per me Jessica è ancora viva», racconta, «e venire ogni giorno a lavorare qui, dove mi recavo per accompagnarla a scuola, mi fa sentire più vicina a lei anche fisicamente». Naturalmente il negozio si chiama Jessica e racchiude in questo nome tutta la commovente storia familiare legata ad un fatto di cronaca che ha scosso profondamente l’intera città. Oggi ricorre un anniversario speciale: dieci anni da quel tragico evento.

Organi donati

«A distanza di un decennio io vivo per la mia piccina», rivela Paola con un filo di voce. «Mi conforta sapere che i suoi organi sono stati donati perché altre persone continuassero a vivere. La privacy mi impedisce di conoscere queste persone, ma non so nemmeno se vorrei davvero incontrarle. So che la sua troppo breve esistenza si è moltiplicata facendo del bene agli altri: so che impiantarono il fegato di Jessica in una bambina di 4 anni al Fatebenefratelli; che le sue cornee andarono a Monselice e, a Genova, il pancreas che restituì la vita ad un ragazzo di 19 anni affetto da una grave forma di diabete. Ecco, mi accontento di questo».

La ferita resta

La ferita di una madre che perde l’unica figlia di 12 anni non si rimargina. «Continuo a pensare a Jessica che sorride», aggiunge. «È così che la ricordo perché era sempre allegra. Anche il giorno del suo funerale, malgrado fiumi di lacrime, sono state cantate solo canzoni allegre. Jessica mi dà ogni giorno la forza di andare avanti. Non sono mai stata una fervida credente, ma oggi posso dire con certezza che la sua anima si fa sentire, mi viene incontro con il suo profumo, sento la sua presenza accanto a me e non credo più alle coincidenze. Mi viene in mente, ad esempio, che circa un mese prima della sua morte, in auto, mentre tornavamo dalla piscina (faceva anche canto e suonava il pianoforte) mi chiese dove volessi essere seppellita alla mia morte. Una domanda strana per una ragazzina. Io sono originaria della provincia di Venezia, ma dissi che avrei preferito riposare nel cimitero dell’Arcella perché mi sento arcellana. E lei rispose: «Anche io mamma, così i miei amici verranno a trovarmi». Jessica non ha finito la sua “missione” e io sono orgogliosa di aver avuto una bambina così speciale».
 

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