A Caprera nella casa di Garibaldi la sua vita raccontata in 53 pannelli «made in Padova»
Benito Lorigiola, padovano, presidente dell’Associazione Mazziniana Italiana, ha fatto un dono prezioso all’Isola di Caprera: 53 pannelli che raccontano la vita di Giuseppe Garibaldi, dall’infanzia a Nizza alla grande avventura in Sudamerica, all’epopea italiana dalla Sicilia alle Alpi. La mostra è stata accolta con entusiasmo dal sindaco Angelo Comiti e da Laura Donati, direttrice del museo di Caprera; il cosiddetto Compendio garibaldino, rimarrà per sempre nell’isola, disposto all’interno del grande mulino caro all’eroe dei due mondi. Il valore didattico della rassegna ha spinto il soprintendente Gabriele Tola a scrivere una lettera di ringraziamento a Lorigiola. La mostra è stata inaugurata il primo di giugno e il 2, festa della Repubblica e ricorrenza della morte di Garibaldi, oltre alle cerimonie ufficiali con deposizioni di corone al monumento ad Anita e sulla tomba del “guerrigliero” eroe del Risorgimento, c’è stata l’invasione di centinaia di garibaldini in camicia rossa, provenienti dalla Sardegna, dal Piemonte, da Genova, i discendenti di quelli che erano partiti da Quarto diretti a Marsala, combattenti per l’unità d’Italia. Era presente anche la pronipote di Anita Garibaldi, Annita Garibaldi Jallet. Una copia della collezione di Lorigiola è stata esposta a Padova nella mostra del 2007, un’altra si trova a Forlì nella sede nazionale dell’associazione mazziniana. La fama di Garibaldi è ancora ardente e scavalca gli oceani e le montagne: quando arrivò a Londra nel 1864 l’accoglienza che gli fu riservata dai circoli intellettuali e dagli operai politicizzati fu così piena di calore che la regina Vittoria temette che si guastassero le relazioni con l’Austria. Nelle piazze d’Italia, quelle delle grandi città ma anche in paesi sperduti, in zone poco conosciute, sorgono monumenti a Garibaldi che resta un simbolo di amor di patria e di libertà, ma c’è una statua splendida, massiccia, di bronzo, ritta e gloriosa su un piedistallo di marmo, nel giardino di Washington Square a Manhattan. Nel 1850 dopo la fine della Repubblica romana e la morte di Anita a Ravenna, Garibaldi si imbarca sulla Waterloo e raggiunge gli Stati Uniti. Ha solo 43 anni ma è tormentato da terribili reumatismi. Trova alloggio a Staten Island, uno dei cinque distretti che formano la municipalità di New York, nel cottage di Antonio Meucci, sfortunato inventore del telefono. Simpatizzano e lavorano insieme ad un’impresa artigiana per la produzione di candele steariche. Scrive Corrado Augias (“I segreti di New York”) che ha individuato casa Meucci-Garibaldi al 420 di Tompkins Avenue, Rosebank: “Tra gli oggetti qui esposti ci sono la camicia rossa che Garibaldi indossò durante la difesa di Roma nel 1849, lo zucchetto dell’eroe e un bustino dello stesso Garibaldi donato da Bettino Craxi alla casa-museo nel 1989, centenario della morte di Meucci”.
Aldo Comello
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