A Padova il Mirò mai visto Attesi centomila visitatori

Bano e Colasio: «È il ritorno della città nel circuito internazionale degli eventi»
BELLOTTO-AGENZIA BIANCHI-PADOVA-VERNICE DI APERTURA AL PUBBLICO DELLA MOSTRA DI MIRO' A PALAZZO ZABARELLA
BELLOTTO-AGENZIA BIANCHI-PADOVA-VERNICE DI APERTURA AL PUBBLICO DELLA MOSTRA DI MIRO' A PALAZZO ZABARELLA

Non di soli spritz, dinosauri plastificati e ceri al Santo vive il turista. Tra l’incudine di Treviso e il martello di Vicenza - abili a trasformare gli eventi culturali in un volano di crescita del turismo di qualità e dell’economia dell’accoglienza - Padova prova a riaffacciarsi nel circuito delle grandi mostre. E lo fa a testa alta. “Joan Mirò. Materialità e Metamorfosi” è la splendida collezione del maestro catalano proposta ai visitatori di Palazzo Zabarella (da oggi al 22 luglio) con un catalogo di ottantacinque opere tra quadri, disegni, sculture, collages e arazzi esposti in prima mondiale oltre i confini del territorio portoghese.

Una sequenza emozionante, quella proveniente dalla Fundação de Serralves-Museu de Arte Contemporânea di Porto, che focalizza la trasformazione dei linguaggi pittorici sviluppati dall’artista a partire dalla prima metà degli anni Venti, evidenziandone il pensiero visuale e le sorprendenti modalità “tattili” così da esplorare un processo creativo lungo sei decadi. Una combinazione fortunosa ne ha favorito l’arrivo a Padova: le opere appartenevano al Banco Português de Negociós, nazionalizzato nel 2008 dal Governo di Lisbona che, in fase di forti difficoltà finanziarie, ne affidò la vendita a Christie’s: la circostanza suscitò un’ondata di proteste tale da costringere l’esecutivo a cancellare l’asta londinese, mantenendo la proprietà e consentendo infine (grazie ai felici rapporti intessuti con il ministero iberico della cultura) l’evento odierno.

«Siamo felici e orgogliosi di questa opportunità», il commento di Federico Bano, il presidente della Fondazione e artefice della mostra «la città sta ritrovando la consapevolezza smarrita e il ruolo attrattivo che le spetta, la nostra sinergia con l’amministrazione comunale si rivela una strada vincente». Musica per le orecchie di Andrea Colasio: «Questo è un nuovo inizio», gongola l’assessore «con tre milioni e mezzo di presenze in 22 anni Palazzo Zabarella è entrato nella memoria collettiva, insieme restituiremo la bellezza e le idee di Padova al grande circuito internazionale. Il tributo a Mirò, alle sue tele bruciate ai dipinti immaginari, esalta il movimento, l’azione, il colore. È la meravigliosa discontinuità già sperimentata da Giotto, è il miglior viatico alla nostra candidatura a “Urbs picta” dell’Unesco, con il ventaglio offerto ai visitatori che da Mirò si estenderà al design di Gaetano Pesce a Palazzo della Ragione, al capolavori di Giotto agli Scrovegni, agli affreschi di Guariento agli Eremitani». A Porto, dall’ottobre 2016 al giugno successivo, le presenze superarono quota 240 mila, quali previsioni di afflusso a Palazzo Zabarella? «Contiamo di centrare i 100 mila visitatori», fa sapere Bano, a fronte di una spesa che - tra l’allestimento e la promotion (mirata, speriamo) - si aggirerà sul milione.

Tant’è. Joan Mirò dichiarò che il suo obiettivo era «ammazzare la pittura», cosa dobbiamo attenderci? «Nel duplice ruolo di artefice e trasgressore della forma del modernismo del Ventesimo secolo, pittore e antipittore al tempo stesso, l’artista ha sfidato il concetto stesso di specificità del mezzo», le parole del curatore Robert Lubor Messeri e del critico Fernando Mazzocco «così l’inventario dei supporti utilizzaticomprende materiali tradizionali, come tela - montata su telaio o meno, strappata, logorata o perforata- diversi tipi di carta da parati, pergamena, legno e cartone (ritagliato e ondulato), ma anche vetro, carta vetrata, iuta, sughero, pelle di pecora, fibrocemento, ottone, truciolato, Celotex, rame, foglio di alluminio e carta catramata». E i suoi colori abbaglianti? «Olio, acrilici, gessi, pastelli, matite Conté, grafite, tempera all’uovo, gouache, acquerello, vernice a smalto, inchiostro di china, collage, stencil e dacalcomanie. Applicati in maniera innovativa su basi sia tradizionali che poco ortodosse: gesso, caseina e catrame, talvolta combinati con una eclettica gamma di oggetti comuni e materiali quotidiani, come linoleum, corda e filo». Un artigiano-alchismista, quasi... «Un ribelle che ha sancito la fine della Belle Èpoque, come questa ampia rassegna ha il merito di evidenziare in modo spettacolare». Buona visione.



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