Addio a Giovanni Marchiorello

Si è spento nella notte di giovedì nella sua casa di Belvedere di Tezze sul Brenta Giovanni Marchiorello, classe 1920, uno dei pilastri della storia industriale padovana. Fratello maggiore di Dino, scomparso alla fine di ottobre dell’anno scorso, Giovanni era la testa industriale del gruppo fino dalla fondazione delle Officine meccaniche Cittadella nel 1946. Una scommessa lanciata a pochi mesi dalla conclusione della seconda Guerra Mondiale in un Paese che aveva avuto la forza di reagire guardando al futuro. Una società, Officine Cittadella, che Giovanni ha fatto nascere e sviluppato in un settore, quello delle carrozze ferroviarie e del materiale rotabile, che proprio in quegli anni aveva grande impulso dalla ricostruzione. Il successo dell’iniziativa imprenditoriale aveva posto le basi per l’acquisizione, negli anni Settanta del novecento, delle Officine meccaniche Stanga, operazione che avrebbe permesso solo 10 anni dopo l’espansione al Sud e la costituzione di Officine Meccaniche Casertane entrate a far parte del gruppo di famiglia Firema. Gruppo infine acquisito per il 49% da Finmeccanica alla metà degli anni Novanta ma che non aveva messo la parola fine alla vivacità imprenditoriale dei fratelli Marchiorello. Fu di Giovanni l’intuizione dell’aria condizionata nei vagoni ferroviari, concretizzata con l’acquisizione di un vecchio stabilimento in zona industriale trasformato in quella che ora è la Mitsubishi Electric Klimat di Corso Stati Uniti, società da oltre 100 dipendenti. Sua pure la creazione della Stif di Loria a Castelfranco, società del distretto del freddo che fino a pochi anni dalla sua morte aveva dato all’industriale le ultime grandi soddisfazioni della carriera. «Il mondo per metà è fatto e per metà da rifare» era il motto di un uomo schivo ma solido che alle sue aziende dedicava ogni energia, lontano dalla ribalta della scena finanziaria ed economica nazionale di cui era stato di fatto, tra il secondo Dopo Guerra e la fine degli anni Novanta del Novecento, un protagonista. Giovanni Marchiorello lascia una moglie, tre figli, 7 nipoti e un impero industriale e finanziario che ha saputo fare fronte, fra i pochi in Italia, anche alle conseguenze giudiziarie ed economiche dell’utilizzo massiccio di fibre di amianto nella realizzazione dei prodotti ferroviari commissionati con specifiche precise da Ferrovie dello Stato, all’epoca società pubblica. Ieri si è celebrato il funerale nella chiesa del Sacro Cuore di Gesù a Belvedere di Tezze sul Brenta, dove l’imprenditore viveva e dove ha scelto di morire circondato dai sui cari. La cerimonia funebre è stata molto allollata.
Riccardo Sandre
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