Addio a Giovanni Maso, l’ultimo scalpellino

TORREGLIA. Il suo "sgiandin" (scalpello per ravvivare gli angoli della trachite) ha finito per sempre di picchiare sulle masegne dei colli. Giovedì sera nella sua abitazione di via Liviana, si è spento Giovanni Maso. Aveva 87 anni ed era l'ultimo della vecchia generazione di scalpellini di trachite dei Colli Euganei. Lascia sei figli: Anna, Gianni, Nadia, Renzo, Rosanna e Roberta. I funerali si terranno alle 15 di lunedì nella chiesa parrocchiale di Luvigliano.
Maso aveva iniziato a scolpire la trachite nel 1939, a soli 13 anni, nella cava di Montemerlo allora di proprietà del conte Vittorio Cini. Finita la guerra, dopo aver imparato le nozioni base del mestiere, aprì un laboratorio tutto suo nella ex cava di Luvigliano. Le sue doti di scalpellino lo hanno portato a diventare un “artista” della pietra. Termine che non ha mai amato. «Sono un semplice artigiano appassionato del mestiere», diceva. Dalle mani rozze di Giovanni sono uscite opere importanti, come il monumento agli invalidi del lavoro di Noventa Padovana, la sfera di trachite gialla del Colli che campeggia all'ingresso del cimitero di Abano, il pannello che raffigura la madonna di Lourdes all’ingresso del centro parrocchiale Pio X della parrocchia del Sacro Cuore di Abano. Numerosi i lavori di restauro che lo scalpellino di Luvigliano ha eseguito su chiese e palazzi pubblici ma anche su storiche dimore private. Suo è il restauro dell'altare maggiore dell'eremo camaldolese del monte Rua, come pure il restauro delle parti in trachite della facciata del palazzo dell'università di Ferrara. Nonostante si fosse fermato alla terza elementare, molti architetti lo volevano come consulente per il restauro dei palazzi di Venezia. Una quindicina di anni fa dal Canada gli arrivò la proposta di trasferirsi oltre oceano per insegnare il mestiere ai ragazzi delle scuole. Offerta che gli fece enorme piacere, ma che non prese in considerazione. Nella ex cava di via Vallarega realizzò tutte le sue opere più belle, ma anche semplici tratti di marciapiede e rivestimenti di pozzi e camini. Le sculture a cui era più legato sono il volto del Cristo piangente e alcune teste di noti personaggi egizi. Opere realizzate con certosina pazienza, sotto i colpi del suo inseparabile “sgiandin”.
Gianni Biasetto
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