Addio a Hobsbawm, trasformò il Novecento in “secolo breve”

Ci sono intellettuali che sono diventati famosi grazie a una frase azzeccata, a una formula vincente e su questo hanno vissuto per anni. Non è il caso di Eric Hobsbawm, lo storico inglese morto ieri...
Di Niccolò Menniti Ippolito
epa03416854 (FILE) A file picture dated 28 January 2008 shows British historian Eric Hobsbawm during an Interview in Vienna, Austria. According to media reports, Hobsbawm died at the age of 95 in London, Britain, on 01 October 2012, after a long illness. ANSA/ROLAND SCHLAGER
epa03416854 (FILE) A file picture dated 28 January 2008 shows British historian Eric Hobsbawm during an Interview in Vienna, Austria. According to media reports, Hobsbawm died at the age of 95 in London, Britain, on 01 October 2012, after a long illness. ANSA/ROLAND SCHLAGER

Ci sono intellettuali che sono diventati famosi grazie a una frase azzeccata, a una formula vincente e su questo hanno vissuto per anni. Non è il caso di Eric Hobsbawm, lo storico inglese morto ieri all’età di 95 anni. È vero che per il grande pubblico è “quello del secolo breve”, ma la formula fortunata è solo la punta di un iceberg molto più grande e profondo. Anzi, la celebrità è arrivata in fondo con l’opera, “Il secolo breve” appunto, più divulgativa del ponderoso lavoro dello storico. Perché l’inglese dal nome impronunciabile (colpa dell’anagrafe di Alessandria d’Egitto che aveva mal inteso l’originario Obstbaum) è stato soprattutto un grande storico dell’Ottocento inglese, uno storico sociale tra i più brillanti e attenti, uomo di archivio oltre che di sintesi. A partire dagli anni Sessanta è stato uno dei nomi di punta della storiografia marxista e non ha mai abdicato alla determinazione ideologica, neppure quando questa è passata di moda e molti suoi colleghi hanno preferito migrare verso sponde politicamente più attuali.

Lo racconta bene la sua bella autobiografia, “Anni interessanti”, tradotta in Italia da Rizzoli, la sua formazione intellettuale e ideologica è andata di pari passo e non ha mai subito oscillazioni. I suoi interessi per la rivoluzione industriale, per la società borghese dell’Ottocento, per l’imperialismo erano frutto anche della sua convinzione che l’economia fosse il motore della storia e che la borghesia, con tutti i suoi successi, non potesse nascondere l’elemento di sfruttamento insito nella sua natura.

E allo studioso toccava allora raccontare anche questo lato della storia, il peso sociale di una economia che volgeva alla modernità ed all’arricchimento. Senza mai, peraltro, dimenticare che lo storico è tenuto al rispetto dei documenti, dei fatti e solo l’interpretazione e il metodo possono essere orientati ideologicamente.

Certo, poi rimane “Il secolo breve”, scritto in realtà già a età tarda come un tentativo di riassumere in un solo libro un intero secolo, il novecento che Hobsbawm aveva più vissuto che studiato. E l’idea centrale e vincente: la proposta, cioè, di non rispettare la datazione cronologica del secolo, ma di allungare l’Ottocento, facendolo arrivare alla prima guerra mondiale, e accorciare il Novecento, come una unità compatta, che comincia con la prima guerra mondiale e finisce con la caduta del muro di Berlino: il secolo breve.

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