Addio Giovanni, in duemila al funerale

DUE CARRARE. Duemila persone hanno dato l'ultimo saluto a Giovanni Zampieri, all'interno e fuori la chiesa della piccola frazione di Cornegliana. Giovanni Zampieri, 56 anni, titolare dell’area di servizio Agip in via Gattamelata a Padova, mercoledi scorso si è tolto la vita lanciandosi dal decimo piano del Monoblocco. C'erano amici, parenti, amministratori comunali, volti noti del mondo medico come il professor Surendra Narne, l’avvocato Gian Mario Balduin, e molte persone comuni. Tante. In attesa per oltre un’ora e mezza, composte, a piangere una persona cara. I motivi del gesto sono scritti in un biglietto : «La crisi mi ha tolto il sorriso. Non ce la faccio più». Perché quel gesto estremo? Secondo quanto emerso Zampieri aveva consistenti crediti da fornitori e aziende che si servivano nella sua stazione di servizio e non pagavano. Da qui il bisogno di liquidità che lo aveva spinto a meditare un prestito bancario: non a caso per l’indomani, giovedì, aveva fissato un appuntamento con il direttore dalla sua banca. Un appuntamento che ha mancato.
Ieri, in chiesa, molti i volti increduli degli amici. «Conoscevo molto bene l'imprenditore, ci vedevamo almeno tre-quattro volte a settimana» spiega Guerrino Carrara di Carrara San Giorgio, «Era un uomo molto buono e orgoglioso, che ha pagato di persona di fronte all’incerto futuro della sua attività». «Un uomo sempre con il sorriso sulle labbra che si faceva in quattro per gli altri» ha aggiunto Marco Girò di Due Carrare. «L’ho visto qualche settimana fa nella sua stazione di servizio. Era allegro, mai avrei pensato a una fine del genere. È stato lasciato solo». «L’avevo conosciuto perché lavoravo all’ospedale di Padova come infermiere» afferma Giuseppe Bastianello, «Era altruista e un grande lavoratore, dimostrava di essere diverso da tanti, con un gran cuore». Esprime incredulità il vicesindaco di Due Carrare, Claudio Garbo: «Quella di oggi è la giornata del dolore. Non riesco a capacitarmi della scomparsa di questo caro amico, con cui avevamo condiviso fino a qualche ora prima tanti momenti belli. Era un persona solare, propositiva, impegnata nel sociale». Toccante l'omelia del parroco, don Gianmarco Vezzaro: «La vicenda di Gianni ci ha lasciato senza parole. Non ci sono risposte ai nostri perché. La vita ci ha insegnato a non arrenderci, a non smettere mai di ascoltare, a trovare la forza di parlare perché da ogni situazione, anche quella apparentemente insormontabile, si può uscire» ha ribadito, «Quando la morte di una persona cara entra così nella nostra vita, ci sentiamo incapaci di trovare un senso. Di fronte a fatti come questi, non c’è posto per la condanna. È comprensibile un grande smarrimento da parte della famiglia, lo stesso smarrimento che deve aver provato Giovanni quella mattina. Giovanni è ancora nella nostra vita ma episodi come questi ci invitano ad ascoltare». All’uscita della chiesa il feretro era sormontato da un grande cuscino del Milan, la squadra del cuore di Giovanni: ad accompagnarlo per l’ultimo saluto la moglie Francesca, i figli Marta, Manuela e Matteo. Un’immagine straziante quella della famiglia, con i tre ragazzi che si guardavano continuamente negli occhi, abbracciandosi e accarezzando la bara del papà mentre le lacrime rigavano i loro volti.
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