«Agli studenti stranieri piace l’ora di religione»

Gli insegnanti: «Capiscono che non è catechismo ma confronto fra culture» La Diocesi ha presentato il video rap per promuovere l’insegnamento
Di Riccardo Cecconi

«Ormai, uno studente su cinque a Padova è di nazionalità straniera. Molti di loro non frequentano ufficialmente l'ora di religione, eppure scelgono volontariamente di restare in classe». Ha esordito così il vicario episcopale della Diocesi di Padova monsignor Franco Costa, presentando ieri mattina "Il Rap dell'ora di religione", un video musicale visibile sul sito della Diocesi di Padova e su Youtube, realizzato dall'ufficio comunicazioni sociali della Diocesi. È inserito nel programma informativo dedicato agli studenti sull'ora di religione facoltativa nelle scuole, in occasione dell'apertura dell'iscrizione al prossimo anno scolastico. Annualmente si registra un calo da uno a due punti nella percentuale degli studenti che si avvalgono dell'ora di religione, ma la ragione non risiede in motivazioni ideologiche. «I ragazzi stranieri e appartenenti ad altre confessioni sono sempre di più» spiega Giuseppe Pinton, insegnante di religione all'istituto Bernardi che ha partecipato alla realizzazione del video,«e spesso vedono nell'adesione all'ora di religione una abiura al loro credo. Nulla di più sbagliato: si parla invece di etica e di multiculturalità, di problematiche che i nostri ragazzi vivono in prima persona. Molti si rendono conto che in quell'ora non facciamo proselitismo cattolico, e tanti, pur non avvalendosene ufficialmente per non deludere i genitori, la frequentano lo stesso in via ufficiosa».

Sono molto spesso le famiglie e le reti sociali alla base della rinuncia degli studenti all'ora di religione, per la quale sono chiamati a firmare in completa autonomia. Difficile, per molti ragazzi musulmani o testimoni di Geova, spiegare ai loro genitori di voler frequentare un'ora di "religione" gestita, magari, da un insegnante cattolico. Ma spiega anche il professor Pinton: «Su 92 studenti che ufficialmente non si avvalgono dei miei insegnamenti, circa la metà decidono di rimanere ugualmente in classe». Una percentuale alta, giustificata dai contenuti delle lezioni. «Una studentessa musulmana che porta il velo» spiega Angiola Gui, insegnante di religione al Marchesi Fusinato «costituisce uno spunto di riflessione straordinario: ci aiuta a capire l'alterità e a rispettarla». Nasce da questo presupposto lo sforzo dell'ufficio comunicazioni sociali per far capire a tutti che l'ora di religione non è "catechismo", è insegnamento di rispetto reciproco, di integrazione e di convivenza, insomma, di vivere civile.

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