Zona rossa all’Arcella, Micalizzi: «La sicurezza non può diventare strumento di propaganda»
Zone ad alto impatto all’Arcella: il ministro Piantedosi difende la misura, il vicesindaco Micalizzi e il sindaco Giordani rispondono: «L’enfasi politica da Roma rischia di avere effetti negativi nei quartieri delle città»

La zona «ad alto impatto» all’Arcella continua a spaccare la politica. I toni sono tornati caldi dopo l’intervista uscita ieri sul nostro giornale al Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, sostenitore senza remore delle zone rosse: «Sono garanzia di legalità e valorizzano i quartieri» ha dichiarato.
«Le parole del Ministro non mi sorprendono, sono espressione della componente leghista del Governo, non mi sorprende neanche che rivendichi con orgoglio il termine “zone rosse”, di cui è stato il principale promotore» attacca il vicesindaco Andrea Micalizzi che si unisce all’appello del sindaco Giordani e del vescovo Cipolla ad abbassare i toni e a rimboccarsi le maniche.
Torna sullo stigma che sta vivendo il rione Arcella a Padova, negato categoricamente da Piantedosi: «L’enfasi politica con cui da Roma si è voluto etichettare questi interventi rischia di avere effetti negativi sull’immagine dei quartieri coinvolti, in particolare dell’Arcella, che oggi sta vivendo una fase di rilancio». «Nessuno qui nega i problemi – continua Micalizzi –. Siamo quelli che hanno abbattuto via Anelli per costruire la nuova Questura: la sicurezza è una priorità assoluta. Siamo tutti al fianco delle Forze dell’Ordine. Tutti vogliamo più sicurezza, ma la sicurezza non può diventare uno strumento di propaganda».
Antonio De Poli dell’Udc si concentra sui dati snocciolati da Piantedosi (600 mila identificazioni e cinquemila allontanamenti in tutta Italia ndr): «Il bilancio del ministro sulle zone rosse è positivo. Solo a sinistra si può pensare che incrementare l’incidenza degli uomini e delle donne in divisa in alcune aree possa essere percepito negativamente».
«Come ha detto il Ministro – continua il senatore – per migliorare la sicurezza e contrastare il degrado, è essenziale una pluralità di azioni. Servono risposte integrate. Chi oggi delegittima la presenza di una pattuglia in strada lo fa solo in maniera strumentale».
Non è una guerra, è una questione di differenza di specie: le due parti politiche non si possono intendere perché hanno matrici culturali, e obblighi di fedeltà, contrapposti.
«Ho sempre rifiutato di chiamarle “zone rosse” proprio per evitare maliziose strumentalizzazioni linguistiche che hanno portato alcuni cittadini a credere che questo provvedimento comporti uno sorta di stigma sociale, con ricadute negative anche sotto il profilo economico» dice il capogruppo di Fratelli d’Italia in Consiglio comunale Matteo Cavatton che attacca il sindaco: «A Padova, purtroppo, Giordani si occupa di tutto, tranne di quello che gli compete e le sue proditorie invasioni di campo hanno dato luogo a ipocriti fraintendimenti che recano benefici soltanto ai portatori di vessillo della politica urlata senza contenuto né costrutto. Parliamo di una misura che non attinge in alcun modo i diritti e le libertà dei consociati, ma si limita a controllare ed eventualmente allontanare soggetti dediti ad attività criminali con precedenti specifici».
Sulla stella linea Luigi Tarzia del gruppo misto: «Sono pienamente d’accordo con le parole del Ministro: si tratta di una misura che contribuisce concretamente ad innalzare la qualità della vita nelle periferie. L’ordinanza non limita in alcun modo la libertà di movimento degli arcellani, ma prevede semplicemente un’intensificazione dei controlli, fondata su un’attenta analisi dei rischi urbani condotta dalla Questura, anche a seguito delle segnalazioni dei residenti».
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