Banchi a rotelle, il caso di Padova: l'ente Provincia li ha comprati due volte: ora sono in magazzino

PADOVA. Ancora i banchi a rotelle della ministra Azzolina, che stavolta travolgono la Provincia di Padova nella loro travagliata storia molto italiana.
Acquistati a migliaia e mai usati. Ora si scopre che ad agosto 2020 dalla struttura commissariale che faceva capo ad Arcuri ne arrivarono 3.745 da distribuire nei 42 istituti della provincia padovana: un numero più che sufficiente a coprire il fabbisogno, tanto che ben 270 vennero rispediti al mittente perché ritenuti non necessari.
Ma poco più di un mese dopo l’ente Provincia che fa? Ne compra in autonomia altri 1.320, per una spesa di 197 mila euro. A fare materialmente l’ordine è il vicepresidente Vincenzo Gottardo (Forza Italia), che ha la delega alla Protezione civile, lo stesso che davanti alle telecamere dei tg gridava allo scempio bollandoli come inutili.
Gottardo, erano inutili ma li avete comprati due volte. Come mai?
«Domenico Arcuri e la ministra Lucia Azzolina dicevano che i banchi con le rotelle erano la nuova frontiera della sicurezza in classe. Noi non abbiamo fatto altro che dare seguito alle richieste che ci sono pervenute. Se non facciamo niente dicono che dormiamo, se facciamo ciò che diceva la ministra dicono che siamo sperperoni. Mettiamoci d’accordo».
Ma se i banchi erano già arrivati ed erano sufficienti, che bisogno c’era di comprarli di nuovo?
«Ogni anno gli istituti scolastici che fanno capo a noi ci fanno la lista della spesa, scrivendoci di cosa hanno bisogno: lavagne, sedie, tavoli da disegno tecnico. In questa lista sono finiti anche i banchi con le rotelle. Cosa dovevamo fare? Ignorare i desiderata?».
Quindi la colpa è dei presidi?
«I presidi hanno fatto il loro lavoro. Hanno mantenuto i contatti con due enti: il Ministero e la Provincia di Padova. A loro interessa solo avere il materiale di cui hanno bisogno, si chiamano forniture. Se si trattasse di altri materiali nessuno direbbe nulla, sono i banchi a rotelle il problema».
Sì, sono un problema perché giacciono accatastati in un magazzino. E voi li avete comprati due volte.
«Ma se i banchi della Azzolina sono una schifezza è colpa nostra? Mentre lei appoggiava le sue natiche sulle poltrone comode del Parlamento voleva rifilare ai nostri figli quei banchi scomodi. Fare didattica con quella roba è impossibile».
Impossibile per quale motivo? Parla con dati certi?
«È impensabile che i ragazzi facciano 5 ore di lezione con le rotelle sotto il c..., è ovvio che giocano, che fanno gli autoscontri in classe».
Scusi?
«Ha presente un adolescente? Pensa a divertirsi. Già si fa fatica a tenerli seduti sulle sedie tradizionali, figuriamoci su quelle. E in più sono piccoli e non ci si sta».
Peccato che l’ordine della Provincia l’abbia fatto proprio lei.
«Io ho la delega ai fondi europei. Ognuno di quei banchi ha l’adesivo del Pon, il piano di finanziamento europeo. Noi ci siamo preoccupati di spendere bene quei soldi, acquistando le sedute innovative che dovevano garantire il distanziamento in classe e, quindi, le lezioni in presenza. L’errore è sempre della ministra: diceva che erano innovative e invece sono una porcheria».
Quindi lei scarica così sulla Azzolina? Non le sembra un po’ troppo facile? Non era possibile fare una verifica incrociando i dati?
«Ho creduto di avere a che fare con un ministro dell’Istruzione preparato e invece sono arrivati soltanto suggerimenti del piffero. Quanto alle verifiche, non era possibile».
Non è chiaro il motivo per cui non è stato possibile verificare le forniture.
«Se ho bisogno del salotto nuovo e mia mamma mi regala un divano, mia sorella due poltrone, dove sta il problema? L’unico pensiero dei presidi in quella situazione così incerta era centrare i target delle forniture».
Il risultato però è un odioso spreco.
«Non esageriamo, non lo definirei uno spreco».
Come lo definirebbe quindi?
«Ora ne abbiamo in magazzino circa 380-400 ma non vanno buttati via. Sono là, a disposizione, come abbiamo sedie di riserva e lavagne di riserva, abbiamo anche i banchi a rotelle».
Sì, ma se non vengono usati a che servono?
«In alcune scuole li usiamo durante i seminari, per incontri che durano al massimo un paio d’ore».
Dunque lei difende l’operato della Provincia di Padova?
«Non abbiamo nulla da nascondere. L’abbiamo fatto in buona fede, seguendo l’indicazione del ministro dell’Istruzione e del capo di dipartimento di Protezione civile».
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