Al Borgomagno i murales di Berno contro la guerra

Sul cavalcavia dell’Arcella le sagome-bersaglio dell’artista padovano Simone Berno: «È il momento di deporre le armi, sia fisiche che verbali»

Costanza Francesconi
Il murale di Simone Berno ai piedi del cavalcavia Borgomagno di Padova
Il murale di Simone Berno ai piedi del cavalcavia Borgomagno di Padova

È una paternità sotto tiro quella ritratta nel murales dell’artista Simone Berno alla base del cavalcavia Borgomagno di Padova. All’incrocio con via Jacopo Avanzo, alle porte dell’Arcella, dove ragioni di sicurezza e degrado hanno spinto il prefetto a istituire la “zona rossa” dallo scorso 13 maggio al prossimo 15 settembre.

La neonata opera è parte della serie del progetto “X” e da luglio si staglia lì dove negli ultimi otto anni è campeggiato “Srotolar sogni la sera”, un precedente progetto artistico di Berno, che il tempo ha sbiadito.

Il soggetto ora sono le sagome umanoidi dei poligoni di tiro, qui sublimate in potenti dispositivi poetici e narrativi. Sì perché la silhouette vestita a bersaglio è quella di un padre che cinge tra le sue braccia un bambino. Suo figlio.

«X non racconta la guerra ma la possibilità di non combatterla. Invita chi osserva a riflettere sulla violenza interiorizzata, verbale o simbolica, che attraversa silenziosamente la nostra quotidianità», spiega Berno, «a guardare un bersaglio negli occhi e scegliere di non sparare, di non vedere un nemico: un atto di empatia, una forma di resistenza civile alla violenza umana».

Simone Berno
Simone Berno

Arte pubblica

L’umanità dell’altro. Le relazioni che lo circondano. La piccola comunità di affetti che accompagna ogni vita nel fuoco del nostro mirino.

«Al centro c’è sempre un cuore», fa notare l’autore, che proprio in quel punto al centro del petto localizza il centro del bersaglio. «Arte pubblica», chiama così il risultato. Per parlare a un pubblico il più vasto possibile non a caso ha eletto l’accesso più trafficato del rione più popoloso della città. Ma come nasce “X”?

L’origine del progetto

Il confronto con un collega americano filotrumpiano sulla situazione geopolitica tra Europa e Stati Uniti ha innescato la miccia nel disegnatore.

«Mi ha tacciato di essere un socialista per aver sostenuto che, se il presidente degli Stati Uniti prende decisioni che influenzano profondamente l’Europa, allora ai cittadini europei dovrebbe essere riconosciuto il diritto di esprimersi nelle elezioni americane», ricostruisce Berno.

Da questa diatriba è scaturita la valutazione sul valore che riveste oggi la scuola, e sull’importanza che avrà un domani nel disinnescare le guerre. Di qui la genesi dei profili tracciati sul Borgomagno e riempiti di pigmento scuro.

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L’educazione civica

«La paura ci porta ad armarci per difenderci ma è solo il segno della nostra incapacità di costruire fiducia e dialogo. Questo non è un segno di forza ma il riflesso di un’evoluzione incompiuta e immatura – il sottotesto – L’unico modo per forgiare un’umanità consapevole e matura è investire nell’educazione, migliorando la scuola a tutti i livelli e portando cultura anche dove oggi fatica ad attecchire».

Mutuando e attualizzando insegnamenti tratti da testi antichi, Berno ricorda come a salvarci non sia la forza ma siano l’empatia e l’equità, non la vendetta bensì la comprensione. «Non la potenza distruttiva ma la costruzione di un senso comune». E come? Mettendo al centro l’educazione civica, «la prima e più importante disciplina da apprendere, quella che insegna rispetto, responsabilità, coesistenza».

La vera rivoluzione, la vera guerra contro l’ignoranza e l’involuzione, non si combatte con bombe né con eserciti. Come fosse una tela, l’artista affida questo messaggio al cavalcavia esposto allo sguardo dei passanti. Ma “X” non è l’unico attacco d’arte realizzato da Berno sull’infrastruttura.

Cambiando lato, da via Annibale da Bassano, è dipinta una gigantesca bolla di sapone a cui una mano cuce con ago e filo una ferita. Il titolo è “Trattenere l’incanto”, un inno alla delicatezza ancora una volta antitesi alla violenza. Anche questo murales interpreta il luogo arcellano a palcoscenico sul mondo e copre l’antecedente, e negli ultimi tempi scolorito, “Fuori da qui” che ritraeva due figure umane in piedi.

«Come ciascuno di noi, solo di passaggio in questo mondo, strette in uno spazio confinato. Schiena contro schiena, una con la pelle chiara e una con la pelle scura – ricorda Berno – Fuori dal tempo che ci è dato non esistiamo. Perciò non ha senso sollevare muri».

L’artista in città

Berno è l’ideatore del “Poetic Hotel”, un’installazione nata dentro un hotel abbandonato in via Sorio, dove le camere sono state trasformate in uno spazio per l’arte contemporanea chiuso al pubblico. Attualmente sta lavorando a una pittura murale al Portello. —

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