«Bse, dal 2003 rischio zero Nessun bovino contagiato»
MONSELICE. È dal 2003 che in Veneto non si registra un bovino contagiato dalla Bse, l'encefalopatia spongiforme bovina meglio nota come morbo della “mucca pazza”. Nonostante questo, il Piano di sorveglianza attivato nel 2001 in Italia non hai mai abbassato la guardia e continua ancora oggi con numeri molto alti di test e controlli.
Lo spiega chiaramente Anselmo Ferronato, direttore dell’Unità operativa complessa del Servizio veterinario Sanità animale dell’Usl 6 Euganea. «La situazione è pienamente sotto controllo da anni e la Bse, a oggi, non è un problema. Basti pensare che da almeno un decennio l’Italia è considerata un Paese in cui la Bse, chiamata malattia della “mucca pazza”, è a rischio trascurabile». L’encefalopatia spongiforme bovina, il morbo della “mucca pazza”, è una malattia mortale per gli animali ed è anche una zoonosi, ovvero trasmissibile agli esseri umani. Nell’uomo viene indicata come “variante” giovanile della malattia di Creutzfeld–Jakob, è di tipo neurologico a esito costantemente fatale. Tra fine anni Novanta e inizio Duemila, con il boom di casi Bse in Inghilterra, anche in Italia è stato avviato un Piano di sorveglianza per evitare l’epidemia e il rischio di contagio animale-uomo.
«Dal 2001 tutti i casi sospetti negli allevamenti vengono denunciati e verificati con un controllo direttamente in azienda», spiega Ferronato. «C’è poi una sorveglianza attiva basata su test di laboratorio. In caso di morti sospette, andiamo a prelevare del materiale biologico dal tronco encefalico dell’animale morto». Il Piano prevede anche controlli sull’alimentazione dei ruminanti, che non possono cibarsi di proteine animali, principali veicoli di contagio. Il Piano, con il variare dell’epidemiologia, si è ovviamente attenuato, ma neppure troppo: «Nonostante l’ultimo caso di Bse in Italia sia del 2011 (era peraltro carne d’importazione) e in Veneto addirittura del 2003, i controlli restano molto intensi», assicura il dirigente. In Italia, negli ultimi cinque anni, la media è di 70 mila prelievi all’anno (senza alcun caso di contagio riscontrato), mentre nel Triveneto la media è di 9 mila all’anno. Per la nostra provincia, i prelievi si attestano sul migliaio. Va comunque ricordato che anche nel periodo “critico” dell’epidemia europea i casi in Italia sono stati contenuti: 50 nel 2001, 7 nel 2004 e 2 nel 2007, giusto per dare alcuni riferimenti. «Proprio il livello molto alto di controlli che ancora persistono non richiedono l’attivazione di protocolli speciali qualora venga riscontrato un caso di encefalopatia spongiforme in un essere umano». Che a dirla in parole concrete significa questo: se si registra un caso di encefalopatia spongiforme umana, questa è quasi sicuramente legata a una forma sporadica o genetica, e non al contagio alimentare. —
N.C.
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