Birollo: «Ho inventato io il caffè alla menta simbolo del Pedrocchi»
Il barman Alberto Birollo rivendica la creazione della iconica tazzina. «Non si dica che è datata secoli: l’ho studiata e lanciata io nel 2002»

«Il caffè Pedrocchi alla menta l’ho inventato io». A rivendicarlo è il barman Alberto Birollo 53 anni, comasco di nascita, ma dal 1999 residente tra Padova e provincia e in passato dipendente dello storico Caffè padovano.
«Mi dispiace che costantemente si dica che il caffè con la menta sia stato ideato da Antonio Pedrocchi. È il caso una volta per tutte di fare chiarezza», sostiene il papà del caffè più celebre della città del Santo, in grado di richiamare per la sua particolarità, turisti da ogni parte d’Italia e da tutto il mondo.
Era il 2002
«Nel 2002 con l’allora direttore del “Caffè senza porte”, si decise di creare qualcosa di iconico, che invogliasse i clienti a entrare. Oggettivamente c’erano da risollevare le sorti dello storico edificio, una sfida non facile. Così, decisi di sperimentare l’espresso con una foam di menta. Mi misi all’opera sotto lo sguardo attento del responsabile e, dopo averci lavorato qualche settimana, venne alla luce l’idea che univa l’inconfondibile tazza tanto amata dagli italiani con lo sciroppo di menta elaborato come una crema. Decidemmo di sperimentare il risultato ottenuto e, nel giro di qualche giorno, il feedback fu più che positivo. Si decretò così di metterlo a listino. Il resto è storia», racconta Birollo con la speranza che venga dato a Cesare ciò che è di Cesare.

«Non demolisco un mito, ma rivendico la verità»
«Se non mi sbaglio, attualmente ogni 100 caffè venduti, almeno la metà, sono caffè Pedrocchi alla menta. Non sono qui per demolire un mito anzi, ma per ricordare come sono andati i fatti e onestamente mi piacerebbe che l’invenzione fosse rammentata da qualche parte all’interno del locale o nel menù. Penso di aver contribuito non poco al rilancio del monumento e della caffetteria», chiarisce il barman, «Non sopporto quando sento dire che il Pedrocchi ha creato l’omonimo caffè e peggio è a mio giudizio, quando guide turistiche, portali o altri comunicatori raccontano la bufala dell’invenzione secolare della colorata tazza. Questo non va bene. Al massimo si può dire che ha 23 anni, non oltre duecento. So che ciò che sto ribadendo fa rosicare, ma è un dato oggettivo. La stampa locale, se uno ha voglia di andare in emeroteca, è florida di articoli inerenti alla mia invenzione. Purtroppo come si dice spesso, si ha la memoria corta e si preferisce in questo caso specifico, credere a una leggenda metropolitana, perché più comoda e bella da presentare agli avventori».
Non ha peli sulla lingua Birollo che chiede solo di essere ricordato come colui che ha dato i natali a un prodotto unico, che si può trovare in tutto il globo solo in via VIII febbraio al civico 15, in uno degli edifici considerati il cuore del centro storico.
«Attenzione che l’errore non viene fatto solo da turisti o da chi racconta la storia in modo approssimativo: ci sono riviste di settore ed enti certificatori che sguazzano nello sbaglio. Spero che la mia battaglia per il riconoscimento della paternità oggettiva della tazza simbolo del caffè patavino per eccellenza, possa arrivare presto alla parola fine. In fondo basta ricordarmi, niente di più», auspica Birollo. —
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