Cancro al seno, a Padova 400 vite salvate. Parte il bus della prevenzione

Il bilancio dello screening mammografico nel 2023 nell’Ulss 6 e l’iniziativa dell’autobus itinerante per aumentare l’adesione: «Numeri maggiori dopo il Covid»
Simonetta Zanetti
I protagonisti della campagna di sensibilizzazione per aumentare l’adesione agli screening per prevenire il tumore al seno
I protagonisti della campagna di sensibilizzazione per aumentare l’adesione agli screening per prevenire il tumore al seno

Sono 399 le vite salvate lo scorso anno grazie allo screening mammografico dell’Ulss 6. Ma probabilmente avrebbero potuto essere ancora di più se si considera che la copertura è stata del 59,5%, ovvero 46.595 donne sottoposte all’esame.

Per aumentare la sensibilizzazione sull’importanza della prevenzione attraverso lo screening mammografico, il Dipartimento di Prevenzione dell’Usl 6 in collaborazione con Lilt e Alilaguna, in occasione dell’Ottobre Rosa ha allestito l’autobus rosa che per due giorni – mercoledì 23 e martedì 29 ottobre – veicolerà con forza il messaggio.

L’autobus rosa ha dato idealmente inizio al suo viaggio martedì 22 ottobre alle 10 da Prato della Valle, per poi toccare gli ospedali di Camposampiero e Cittadella, e ritorno. Il 29 ottobre arriverà invece davanti agli ospedali di Piove di Sacco e Schiavonia, quindi tornerà a Padova per un totale di 156 chilometri.

L’autobus partito da Prato della Valle (foto Bianchi)
L’autobus partito da Prato della Valle (foto Bianchi)

In ogni tappa il personale della Lilt e gli operatori della segreteria screening del Dipartimento di Prevenzione incontreranno la popolazione per fornire informazioni sul tema.

«Con l’autobus vogliamo ricordare alle donne l’importanza di aderire agli screening» spiega il direttore del Dipartimento di Prevenzione dell’Usl 6 Luca Sbrogiò «attualmente si fa dai 50 fino ai 74 anni, questo significa 79.000 donne all’anno cui dall’anno prossimo se ne aggiungeranno altre 5.800, ovvero quelle che hanno compiuto i 45 anni come previsto dalla Regione. Lo scorso anno abbiamo identificato 399 lesioni iniziali di tumore mammario e siccome ormai la guarigione è veramente quasi per tutte, possiamo dire di aver salvato 399 donne. Per noi questo è un dato di estrema importanza». Nel carcinoma mammario, infatti, la sopravvivenza a 5 anni è pari all’88% e supera il 90% quando la malattia è individuata negli stadi iniziali.

Sono 35.700 le donne screenate quest’anno fino a fine settembre, con 2.150 approfondimenti di secondo livello che hanno portato all’individuazione di 219 indicazioni di intervento.

Dal prossimo anno, come detto, è previsto l’allargamento dello screening alle donne tra i 45 e i 49 anni: le prime interessate all’allargamento saranno le più giovani. Dopo una prima mammografia, il percorso potrà essere personalizzato a seconda della densità mammaria rilevata: utilizzo di tomosintesi per le donne con una densità più elevata, che hanno una minore sensibilità alla mammografia e un potenziale maggiore rischio.

L’estensione, graduale, a questa fascia di età sarà completata entro il 2029. Inoltre, come previsto nei Lea (Livelli essenziali di assistenza), a partire da agosto l’invito alla prevenzione è stato esteso anche la popolazione domiciliata assistita.

«Dopo il Covid c’è stato un aumento dell’adesione» prosegue Sbrogiò «ad oggi abbiamo circa un 20% di donne che non aderisce, con una percentuale maggiore in città dove verosimilmente c’è anche un utilizzo dei sistemi privati che sfugge alla nostra identificazione, mentre l’adesione è più alta nelle zone più periferiche della provincia».

Due i radiologi che controllano l’esame, con l’intervento di un terzo in presenza di dubbi. Nel caso in cui vi sia la necessità di un approfondimento, il 94% delle donne riceve una proposta di appuntamento per l’approfondimento entro 30 giorni. Da quest’anno, il 94,5% delle pazienti effettua l’intervento entro 60 giorni dall’approfondimento.

«La paura principale delle donne che si presentano è scoprire di essere malate, cosa che si percepisce soprattutto quando vengono richiamate e affrontano prima la biopsia e poi la relativa comunicazione» sostiene Elisabetta Tosi responsabile del Centro di screening di via Scrovegni «Spesso come donne abbiamo una famiglia, dei figli e magari i genitori da dover accudire, una carriera. Per cui il timore è di doversi bloccare, di dover delegare. Ma se di delega si tratta, è temporanea: ci si prende cura di sé e poi si riprende con la propria vita e, talvolta anche con una visione un po’ diversa della stessa. La cosa bella è rivederle quando tornano a distanza di tempo per il follow-up».

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